In un angolo di South Memphis, là dove la storia industriale si intreccia con quella della comunità afroamericana, sta sorgendo qualcosa di gigantesco. Si chiama “Colossus”, ed è il supercomputer della startup xAI fondata da Elon Musk. Un nome evocativo, certo. Ma a far discutere non è solo l’ambizione tecnologica. È l’impatto ambientale e sociale che questo progetto sta generando, al punto da scatenare una vera e propria mobilitazione tra residenti, ambientalisti e organizzazioni per i diritti civili.
Colossus è stato progettato per alimentare l’intelligenza artificiale Grok, il chatbot di Musk, e per farlo ha bisogno di una quantità immensa di energia. E qui nasce il problema: per sostenerne le operazioni, sono state installate decine di turbine alimentate a gas metano, fonte fossile inquinante che bisognerebbe ridurre drasticamente, nel cuore di una delle aree più vulnerabili della città.
Un data center, molte domande
La zona scelta per ospitare Colossus è Boxtown, un quartiere prevalentemente nero e da decenni afflitto da povertà, disoccupazione e inquinamento. Qui l’aria è già tra le peggiori del Tennessee: secondo l’American Lung Association, la contea di Shelby ha livelli di ozono elevatissimi, e tassi di asma infantile fuori scala.
Il nuovo impianto, secondo stime indipendenti riportate da Inside Climate News, potrebbe emettere tra 1.200 e 2.000 tonnellate all’anno di ossidi di azoto (NOₓ), sostanze legate a patologie respiratorie e cardiovascolari. E non si tratta solo di previsioni: le turbine sono già in funzione da settembre 2024, senza una valutazione completa dell’impatto ambientale.
Permessi temporanei, ma danni potenzialmente permanenti
Nonostante l’assenza di un’autorizzazione ambientale definitiva, xAI ha ricevuto un permesso temporaneo per operare fino al 2027. La motivazione? “Emergenza tecnologica”, come l’ha definita un funzionario del Dipartimento Sanitario della Contea. Ma per le organizzazioni locali come Naacp e Southern Environmental Law Center (Selc) si tratta di una scappatoia normativa che mette in pericolo la salute pubblica.
Il punto è che non si tratta di un caso isolato. xAI ha già presentato un secondo progetto a Whitehaven, un altro quartiere di Memphis, con piani per installare fino a 90 turbine. Se approvato, produrrebbe oltre 1.500 megawatt, quanto basta per alimentare un milione di abitazioni.
“Non siamo terra di sacrificio”
La reazione della comunità non si è fatta attendere. “Elon Musk sta costruendo un mostro proprio nel nostro cortile, e nessuno ci ha chiesto nulla”, ha dichiarato Justin Pearson, deputato statale e attivista ambientale. Boxtown, già bersaglio di progetti industriali nei decenni passati, è diventata simbolo di quella che molti definiscono “razzismo ambientale”: la tendenza a localizzare impianti inquinanti in comunità a basso reddito e a prevalenza afroamericana o latina.
Una petizione online ha raccolto decine di migliaia di firme, mentre il Selc ha inviato una notifica formale a xAI minacciando azioni legali per violazione del Clean Air Act.
Innovazione a due velocità
Musk e i suoi sostenitori difendono il progetto. Sottolineano che Colossus porterà 500 posti di lavoro e milioni di dollari in tasse locali. Parlano di progresso, di sviluppo tecnologico, e della necessità di potenza computazionale per restare competitivi a livello globale nell’intelligenza artificiale.
Ma dall’altro lato c’è una città che si sente messa all’angolo. Che vede sorgere acciaio, cavi e turbine dove ci sarebbe bisogno di alberi, cliniche e scuole.