5 Febbraio 2025
Milano, 2°

Cultura, Società

Il consumismo divenuto via della salvezza

10.04.2024

Cavalcare l’onda della rivoluzione industriale e delle conquiste tecnologiche ha ribaltato il nostro piano, proiettando i nostri desideri nella dimensione dell’abbondanza ossessiva. Così da credere che straperdere è diventato vincere.

“Niente è più necessario del superfluo”. Il pensiero, cinicamente ironico di Oscar Wilde, prende spunto da Voltaire e da Alphonse Karr (1853) che nell’ossimoro sottolinea una tendenza della nostra epoca plasmata da un eccesso di stimoli convergenti all’accumulo. Il rullo compressore della quotidianità schiaccia politica e affari, ricerca della giovinezza e fame di ricchezza, show business e (falsi) miti d’oggi, nel tentativo (ahimè) vano di celare una realtà diventata ipertrofica, solo impacchettata in scatole infiocchettate, con dentro l’idea di felicità, fuori squadro e senza misura, irrinunciabile all’inizio, perdibile, poi. Tutti insieme appassionatamente sospinti, per natura o cultura, a perseguire il superfluo nelle sue declinazioni infinite, relegando in un cantuccio il ricordo di un passato (la storia dell’umanità, invero) condizionata da ristrettezze ed ostilità, miseria e voglia di riscatto su un humus fertile di scarsità dal quale l’istinto obbligava d’affrancarsi. Poi, l’evoluzione, dalle risorse vitali risicate, dai collegamenti difficoltosi, dall’assenza d’informazioni, cavalcando l’onda lunga della rivoluzione industriale e delle conquiste tecnologiche, ha ribaltato il piano, si è proiettata nella dimensione dell’abbondanza (non per tutti). A rincorrere mete improbabili, abbuffarsi, bere alcool a go-go, assumere droghe, giocare d’azzardo, fare shopping online, all’insegna del piacere effimero fine a sé stesso, nel regno della dismisura. Glissando, semmai, gli effetti contrari di chi specularmente invoglia al consumo, in base a strategie marketing di puro appeal che condizionano scelte e indirizzi. Perché si continua a mangiare anche quando non se ne avverte più lo stimolo, circondandosi di oggetti di dubbia utilità in case-contenitori ormai assediate dall’inutile? Intrappolati dallo stesso meccanismo che incolla alle slot machine miriadi di persone (con effetti nella vita ordinaria), perché le dinamiche psicologiche per catturare l’attenzione ed incitare alla reiterazione del comportamento sono analoghe.

È come se il cervello fosse programmato ad operare in condizioni di precarietà, assenza di certezze: et voilà, il loop della scarsità. Si tende a percepire ogni perdita (alle slot machine e altrove) non come tale, ma come una vittoria, ignorando il denaro investito. Un fenomeno psicologico, assai diffuso nei casinò di tutto il mondo, e cardine del concetto ludico-filosofale: “perdite travestite da vincite”. S’innesca, allora, il circolo vizioso di una triade opportunità-ricompense prevedibili-ripetibilità rapida, che trasformandosi in una distrazione sfidante ma avvincente, offre una via di fuga dalla realtà rude, immergendo i fruitori-attori nella zona trigger ipereccitabile, dalle seduzioni sottili, anche di un semplice like o messaggio, veicoli (però) d’un brivido fugace, che attraverso l’atto compulsivo dello scrolling, regala un’ondata di stimoli emotivi (sorpresa, felicità, irritazione, invidia) in attesa della prossima. L’acquisto compulsivo, l’accumulo (per deficit biologici di segnalazione dell’eccesso: Ucla, Università della California), che mimetizza fragilità esistenziali, diventa trasversale a tutte le classi sociali. Davanti ad un ciclo di scarsità perpetua, innescato da invenzioni che generano nuove necessità (Pew Research Center), con crescente dipendenza da consumo (Iowa University), sembra smarrirsi “Il tempo all’aperto, con gli altri, per creare”, come dice Michaele Easter nel suo saggio “Mai abbastanza”. Per favorire abitudini sane, opposte a fatue gratificazioni immediate imposte da un consumismo compulsivo, e scongiurare la ghettizzazione dei social media, intenti (dannosamente) a mantenere gli utenti in uno stato di costante aspettativa e desiderio di conferme sociali, dentro un loop di attesa e reazione che si autoalimenta all’infinito.

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