La crescita degli alimenti a base vegetale comincia a fare paura al fronte tradizionalista. Sono anni che le principali organizzazioni delle Nazioni Unite e le associazioni ambientaliste ripetono che la quantità di carne consumata nel mondo è troppo alta: se l’uso non è moderato può avere ripercussioni negative sulla salute delle persone e devasta l’ambiente. E ora anche i mercati si stanno convincendo che puntare sul cibo a base vegetale conviene anche dal punto di vista economico.
L’ultima indicazione in questo senso viene dal Friuli. Biolab, azienda goriziana pioniera del cibo plant-based, ha appena accolto nel proprio capitale il fondo di investimento Fvs Sgr, controllato da Veneto Sviluppo, che ne ha acquisito il 53%. Un segnale forte: il mercato delle alternative vegetali è ormai considerato un settore industriale maturo e strategico, capace di attrarre capitali pubblici e privati.
L’operazione, realizzata assieme a Banca Ifis e Sparkasse, dà ulteriore spinta a una crescita che negli ultimi anni è stata esponenziale: Biolab passerà dagli 8 milioni di fatturato del 2019 ai 26 previsti per fine 2025, triplicando la produzione e consolidando la sua posizione di leader nazionale nel settore.
“Abbiamo trovato in Fvs un partner con la nostra stessa visione industriale – spiega Massimo Santinelli, fondatore e amministratore delegato –. Il mercato plant-based cresce a doppia cifra e rappresenta una risposta concreta ai problemi ambientali e climatici legati agli allevamenti intensivi. È il momento di fare sistema”.
Un mercato che parla chiaro: più vegetali, meno carne
In Italia quasi sei famiglie su dieci acquistano prodotti a base vegetale. Lo conferma l’ultimo rapporto YouGov Shopper: oltre 15 milioni di nuclei hanno comprato almeno un prodotto plant-based nel 2024, portando la penetrazione al 59,3%.
Secondo l’analisi di Circana per il Good Food Institute Europe, il mercato dei sostituti vegetali di carne, latte e formaggi ha raggiunto un valore di 639 milioni di euro nel 2024, con una crescita del 6,9% in due anni. Solo i sostituti della carne valgono 228 milioni, +29,5% rispetto al 2022.
“Non è una moda passeggera – osserva Santinelli – ma un cambio culturale profondo. Sempre più persone scelgono proteine vegetali per motivi ambientali, di salute e di benessere animale”. Secondo il Crea, il 51% degli italiani ha già ridotto il consumo di carne; l’11% l’ha eliminata del tutto. E nel progetto europeo Smart Protein, l’Italia risulta il Paese con la maggiore accettazione delle alternative vegetali.
Biolab, laboratorio della transizione alimentare
Fondata nel 1991 come piccolo laboratorio artigianale, Biolab è oggi una B Corp naturale ante litteram: tre stabilimenti a Gorizia e uno a San Daniele del Friuli, 150 dipendenti, una linea di prodotti che spazia da tofu e seitan a gastronomia vegetale e alternative al pesce.
Il 40% del fatturato arriva già dai mercati europei – soprattutto Germania e Regno Unito, i più ricettivi al plant-based – e la nuova alleanza con Fvs punta ad ampliare la rete commerciale e investire in ricerca e sviluppo.
Nel 2025 Biolab lancerà nuovi prodotti e mira a costruire un polo nazionale del plant-based, capace di fare massa critica in un settore ancora frammentato ma in rapido consolidamento.
Europa in controtendenza: lo stop ai “burger veg”
Proprio mentre il mercato cresce in maniera sempre più veloce registrando i nuovi umori dei consumatori, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento che vieta alle aziende che producono alimenti vegetali di usare denominazioni come “burger”, “bistecca” o “polpetta” per prodotti a base di proteine vegetali. Dal 2028, 28 termini entrano nella “black list” delle etichette. Un colpo pesante per un comparto che rappresenta uno dei fronti più coerenti con il Green deal europeo e con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
“È un segnale contraddittorio – commenta Santinelli –. Da un lato si chiedono comportamenti più sostenibili, dall’altro si penalizza chi lavora ogni giorno per rendere più accessibile un’alimentazione a basso impatto ambientale. I consumatori sono più avanti della politica”.
La transizione inizia dal piatto
Il successo di Biolab dimostra che l’innovazione alimentare non solo è possibile, ma fa economia avanzata e crea lavoro di qualità. In un’epoca in cui l’Ipcc e la Fao chiedono di ridurre il consumo di carne per contenere la crisi climatica, le aziende come Biolab incarnano quella trasformazione che l’Europa dice di volere ma fatica a sostenere.
Mentre la politica mette paletti, l’impresa – se sostenibile e ben gestita – costruisce ponti. E quello tra Gorizia e il futuro del cibo è già in fase avanzata di costruzione.