Hanno fatto il giro del mondo le spettacolari immagini dell’eruzione dell’Etna avvenuta due giorni fa. Ma, ancora di più, hanno invaso i nostri telefonini le immagini dei turisti che, saliti sul monte siciliano, sono rimasti sorpresi e, scappando, hanno immortalato l’evento. Il crollo parziale del cratere di Sud-Est ha innescato un flusso piroclastico che, seppur contenuto nella Valle del Leone, ha riportato alla ribalta la potenza di quello che è il vulcano attivo più alto d’Europa.
La fase eruttiva iniziata nelle prime ore del mattino del 2 giugno e culminata con il collasso della porzione del fianco settentrionale del cratere di Sud-Est che ha poi generato una nube incandescente di gas, cenere e frammenti rocciosi “si può ritenere conclusa, ma i parametri di controllo dell’Etna sono in risalita” e “noi continuiamo a monitorare il vulcano 24 ore su 24”.
Lo afferma il direttore dell’Ingv-Osservatorio etneo, Stefano Branca. I valori a cui fa riferimento sono quelli del “tremore” vulcanico che segnalano l’energia di risalita del magma nei condotti interni che erano su livelli molto alti in piena attività eruttiva e che dopo un repentino calo su dati “normali” sono in risalita, attestandosi su valori discontinui, ma medio-alti.
Alle 3.30 di martedì dopo che un software basato su alcuni parametri ha segnalato il superamento delle soglie di allerta è stato inviato, in maniera automatica, un messaggio alla Protezione civile regionale che, con il sistema Etnas, ha avvisato le autorità locali in modo da chiudere gli accessi dei turisti alle aree del vulcano al di sopra dei 2.500 metri di quota. “Dal nostro punto di vista – aggiunge Branca – tutto ha funzionato perfettamente: sia il monitoraggio sia il sistema di allerta”. Nonostante la Protezione Civile avesse raccomandato agli escursionisti di mantenere una distanza di almeno 500 metri dalle zone di flusso lavico, alcuni visitatori hanno ignorato le indicazioni di sicurezza.
L’Ingv – Osservatorio Etneo impiega telecamere termiche, sensori sismici, monitoraggio del tremore vulcanico e analisi dei gas per fornire un quadro completo dell’attività vulcanica. L’Etna rappresenta un caso di eccellenza mondiale nel monitoraggio vulcanico. Il sistema strumentale presente sul vulcano siciliano è tra i più avanzati al mondo e consente normalmente di prevedere con buon anticipo l’inizio di un’eruzione. Eppure, l’eruzione del 2 giugno ha colto di sorpresa molti osservatori. I tremori rilevati alle 4:30 del mattino hanno preceduto di sole tre ore l’esplosione principale, un margine temporale che, seppur sufficiente per attivare i protocolli di sicurezza, dimostra come anche il vulcano più monitorato al mondo possa riservare sorprese. Il crollo parziale del cratere di Sud-Est non era stato previsto dai modelli predittivi, nonostante la sofisticata rete di sensori.
Il gemello digitale
Si chiama Horizon Dt-Geo (Digital Twin for Geophysical Extremes) ed è un Progetto europeo, a sua volta parte dell’ancora più ampio progetto Destionation Earth che punta a creare una copia virtuale della Terra intera. All’interno del Dt-Geo, l’Ingv sta lavorando alla creazione di un gemello virtuale dell’Etna, che diventerà così il primo vulcano al mondo ad avere una sua replica in numeri e grafici.
Il modello digitale del vulcano siciliano servirà per simulare e prevedere le dinamiche che portano a un’eruzione e gli effetti dell’eruzione stessa, attraverso quattro aspetti: magma sotterraneo, ceneri disperse, gas emesso e lava eruttata. DT-G mira a sviluppare un prototipo per un gemello digitale su eventi estremi geofisici tra cui terremoti, vulcani, tsunami o indotti dall’uomo, in modo da fornire analisi, previsioni e scenari ipotetici per pericoli naturali o dovuti alle attività umane.
L’obiettivo finale è quello di arrivare a prevedere le eruzioni, in modo da poter introdurre le opportune contromisure. Per avere fra le mani il digital twin etneo, però, servirà ancora del tempo, almeno altri due anni.