L’Africa vuole essere protagonista della transizione energetica, che può diventare non un ulteriore fattore di divario rispetto ai Paesi più ricchi e avanzati ma una grande opportunità di sviluppo. I segnali di un risveglio africano, già evidenti, parlano da soli. L’Africa ha vissuto nell’ultimo anno un boom che potrebbe segnare una svolta storica nella sua corsa all’energia pulita.
Tra luglio 2024 e giugno 2025 il continente ha importato quasi 15 gigawatt di pannelli solari dalla Cina, un aumento del 60% rispetto all’anno precedente. È un dato che colpisce non solo per le dimensioni, ma anche perché fotografa un cambiamento di tendenza: non è più soltanto il Sudafrica, tradizionalmente in prima fila, a trainare il mercato, ma una pluralità di Paesi che hanno cominciato a investire seriamente nel fotovoltaico. In due anni, escludendo Pretoria, le importazioni africane sono triplicate, passando da 3,7 a 11,2 gigawatt.
L’attivismo cinese
È molto ed è un passo che conferma l’attivismo cinese in terra africana. Ma per dare solidità alla transizione energetica nel continente il nodo decisivo ora sono sia le risorse per creare o adeguare reti e impianti di produzione sia anche quelle anche per la creazione di catene di valore che – utilizzando anche i ricchissimi giacimenti di terre rare nel continente – facciano da volano e sostengano economicamente la transizione energetica. L’obiettivo è creare un ecosistema virtuoso.
Di questo hanno parlato i leader africani che mercoledì hanno concluso la tre giorni del secondo African Climate Summit che si è svolto nella capitale etiope. Il vertice si è concluso con l’adozione della Dichiarazione di Addis Abeba che impegna a trasformare il continente in un hub globale per le energie rinnovabili e le soluzioni climatiche, richiedendo finanziamenti equi e prevedibili da parte della comunità internazionale, per compensare i danni causati da un cambiamento climatico che l’Africa non ha contribuito a creare. L’Africa emette solo il 4% dei gas serra, ma soffre in modo sproporzionato dell’impatto del riscaldamento globale. Per questo chiede maggiori finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici in nome di ciò che Mahmoud Ali Youssouf, presidente dell’Unione Africana, ha definito “giustizia climatica”. Secondo un rapporto del 2024 del WMO, l’Organizzazione meteorologica mondiale, 48 dei54 Paesi africani sono a rischio di inondazioni e 40 sono a rischio di siccità, un rischio aggravato dai cambiamenti climatici. Gli impatti già verificati hanno causato una perdita annuale del 2-5% del PIL.
Sovvenzioni, non prestiti
I leader africani, nella dichiarazione finale del vertice, hanno detto con chiarezza che “la finanza per l’adattamento ai cambiamenti climatici è un obbligo legale del mondo sviluppato, non carità” e hanno sottolineato che il finanziamento dell’adattamento deve essere erogato sotto forma di sovvenzioni, non prestiti”. I capi di Stato e di governo hanno parlato con una sola voce nel chiedere un’urgente riforma delle banche multilaterali di sviluppo per ridurre i costi di indebitamento e ampliare la rappresentanza africana nella governance finanziaria globale.
Nell’ambito del summit è stato anche raggiunto un accordo di riferimento per rendere operativo il tanto atteso Fondo africano sui cambiamenti climatici, sostenuto dalla Banca africana di sviluppo, che incanalerà le obbligazioni verdi e gli strumenti di finanziamento innovativi costruiti per le realtà africane. Su iniziativa del primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed sono stati istituiti l’African Climate Innovation Compact (ACIC) e il Fondo Africano per il clima (ACF) che si impegnano a “mobilitare 50 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per sostenere le soluzioni climatiche che accelerino l’innovazione e scalano le soluzioni climatiche locali in tutto il continente fornendo soluzioni africane per affrontare le sfide climatiche in materia di energia, agricoltura, acqua, trasporti e resilienza entro il 2030”.
Cento miliardi di dollari mobilitati
Le istituzioni finanziarie africane come AfDB, Afreximbank, Africa50 e AFC hanno firmato un accordo di cooperazione per rendere operativo l’Africa Green Industrialization Initiative (AGII), sostenuta da 100 miliardi di dollari mobilitati per una crescita verde che mira a trasformare le energie rinnovabili, le risorse e le industrie dell’Africa in un motore di crescita intelligente dal punto di vista climatico. E alcuni Paesi sviluppati hanno promesso finanziamenti. Il governo italiano ad esempio ha ribadito il suo impegno di 4,2 miliardi di dollari per il Fondo italiano per il clima, dedicando circa il 70% di questo all’Africa. E ha firmato un memorandum d’intesa con l’Etiopia per farla accedere a questa iniziativa. Il governo della Danimarca ha invece annunciato 79 milioni di dollari per sostenere la trasformazione agricola.
Il presidente etiope Taye Atske Selassie, chiudendo la tre giorni, ha detto che “il vertice ha dimostrato che l’Africa non è vittima di una crisi che non ha creato”, ma piuttosto “vuole diventare un centro globale per le soluzioni climatiche”. “La nostra visione – ha proseguito – è chiara. Siamo impegnati a forgiare un continente prospero, resiliente e verde. È un’ingiustizia che più di 600 milioni di africani vivano ancora senza accesso all’elettricità. La nostra azione per il clima deve iniziare con massicci investimenti nelle energie rinnovabili e un appello alla giustizia climatica”.
“La dichiarazione del vertice ha proseguito Taye Atske Selassie – si basa su tre pilastri: accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili, formare una coalizione di produttori minerari critici dell’Africa per garantire una giusta remunerazione nelle catene di approvvigionamento globali e proteggere il patrimonio naturale attraverso le partnership di riforestazione e recupero degli ecosistemi”. Taye ha sottolineato che la dichiarazione di Addis Abeba “non dovrebbe essere un documento da inserire negli archivi”, ma “un piano per un’azione immediata e misurabile, monitorato attraverso un cruscotto dell’Unione africana per garantire trasparenza e responsabilità. Abbiamo la volontà, le risorse e l’unità per realizzare le nostre ambizioni. Il futuro dell’Africa è nelle mani dell’Africa e lo stiamo costruendo ora”.
L’agenda climatica
Bankole Adeoye, commissario dell’UA per gli affari politici, la pace e la sicurezza, parlando a nome del presidente della Commissione dell’Unione africana Mahmoud Ali Youssouf, ha dichiarato che il vertice ha spostato l’agenda climatica dell’Africa da “crisi a opportunità, dagli aiuti agli investimenti e dalla prescrizione esterna all’innovazione guidata dall’Africa”. “Abbiamo inviato un messaggio chiaro e unito prima della COP30”, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a novembre in Brasile.
“Le richieste di finanziamento del clima dell’Africa non sono appelli di beneficenza. Sono richieste di equità, giustizia e responsabilità globale condivisa”, ha aggiunto Bankole Adeoye, che ha sottolineato la necessità di un’architettura globale di finanza climatica riformata che riduca il peso del debito dell’Africa e renda la finanza climatica un percorso verso la sovranità, non la servitù. “L’Africa non è un problema da risolvere. L’Africa è una soluzione da sostenere”, ha detto Adeoye. “Possano le nostre azioni corrispondere alle nostre ambizioni. Possa la nostra unità illuminare la strada in avanti”.