16 Maggio 2024
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Spettacolo

Il nazismo visto dall’interno

03.03.2024

“La zona d’interesse” proietta una narrazione paradossale di quella che è la natura umana nel suo complesso. Un lavoro di minuziosa cura in ogni aspetto del linguaggio cinematografico mette al centro la vita tranquilla della famiglia del comandante nazista Rudolf Höss, capo del campo di sterminio di Auschwitz dal 1940 fino al 1943.

 Una nuova narrazione dell’Olocausto firmata dal regista Jonathan Glazer, premiato al Festival di Cannes 2023 e candidato a 5 Premi Oscar. È arrivato nelle sale italiane il 22 febbraio ed è tra i film più chiacchierati degli ultimi mesi: La zona d’interesse mette in scena la Storia, quella con la esse maiuscola, mostrandone il suo volto paradossale e lo fa in un modo eccezionale, attraverso un lavoro di minuziosa cura di ogni aspetto del linguaggio cinematografico. Al centro c’è la vita tranquilla della famiglia del comandante nazista Rudolf Höss, una famiglia apparentemente estranea alla tragedia dell’Olocausto, perché a separare c’è soltanto un muro. La famiglia vive esattamente accanto al campo di sterminio di Auschwitz, che, nel film, in realtà non si vede mai, perché sono i membri della famiglia a non vedere – tranne il padre – eppure, il campo esiste e fuori si sta consumando una delle pagine più tragiche dell’umanità. Noi questo lo sappiamo e possiamo coglierlo dai suoni, i rumori che provengono da fuori la villa degli Höss. Storicamente, Höss è stato il capo del campo di sterminio di Auschwitz dal 1940 fino al 1943, condannato all’impiccagione nel 1947. Del suo operato di quegli anni restano le lucide testimonianze fornite durante il Processo di Norimberga nel 1946.

Quando il film è stato presentato al Festival di Cannes nella primavera 2023, Glazer ha dichiarato che questo tema è rimasto nella sua mente per molti anni e sentiva che sarebbe arrivato un momento della sua carriera in cui potersi dedicare ad esso per la realizzazione di un’opera cinematografica. Non è stato improvviso, è stato, piuttosto, un viaggio in continua evoluzione, che ha richiesto impegno, dedizione, tanta ricerca e studio, per rimanere fedele alla verità storica e creare un racconto di quel periodo da un punto di vista che non è quello usuale. Sempre Glazer, durante la conferenza stampa a Cannes, ha dichiarato che lo sforzo maggiore è stato «to try and show these people as people, and not as monsters», ovvero cercare di mostrare queste persone come tali e non come mostri. Lungo il film, d’altronde, la moglie e i figli di Höss sono protagonisti con le loro quotidiane attività, più o meno piacevoli, incuranti di ciò che accade a pochi passi da loro. Nelle arti narrative un’operazione di questo tipo riproduce ciò che possiamo definire “effetto di straniamento” o “di distanza” (nel teatro di Brecht): nasce come espediente letterario, ma raggiunge anche il teatro e il cinema, diventando un forte strumento di comunicazione. L’effetto straniante è sulla percezione del lettore o dello spettatore quando si trova di fronte a qualcosa di assolutamente famigliare, ma di cui fa esperienza in modo nuovo. Il lavoro di distorsione non è svolto sulle cose reali, ma sul nostro punto di vista. Il punto è proprio questo, quella storia non si può cancellare, c’è stata, ma le angolazioni da cui guardare sono più di una e con questo film Glazer ce ne propone una in particolare, resa nella sua disturbante banalità.

Il film è vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes e candidato a cinque premi Oscar: Miglior film internazionale, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior suono, Miglior regia, e Miglior film.  

Credito fotografico: mymovies.it

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