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Cronaca, Lavoro

Il nuovo significato generazionale del lavoro

06.12.2024

Curiosità, inclusione e valorizzazione delle competenze. Poter essere sé stessi sul lavoro. Lo scontro generazionale nel mondo dell’occupazione si concretizza attraverso una modernizzazione dei valori che rende i giovani disinteressati verso il ritorno economico e l’ideologia del sacrificio. Analisi con intervista.

Disinteressati verso lo stipendio e non disposti a fare sacrifici: è così che, a qualcuno, piace dipingere i giovani, soprattutto quelli della Generazione Z. Dietro questi due luoghi comuni, due dei più diffusi, c’è però un mondo del lavoro in cambiamento. Mondo che, per molti versi, trova di fronte due generazioni che faticano a dialogare.

Dapprima, la digitalizzazione non solo del lavoro, ma anche dei rapporti; poi, la pandemia, che oltre agli scombussolamenti nelle routine quotidiane ha portato alla diffusione dello smart-working. E adesso, i primi tentativi di sperimentare la cosiddetta “settimana corta”.  Come ha sottolineato Marcello Albergoni, country manager Italia di LinkedIn, intervistato dall’Osservatorio Delta Index, quello in atto è un cambiamento irreversibile, un punto di non ritorno che il mondo del lavoro deve essere in grado di cavalcare: «Il mondo del lavoro stava già cambiando prima dell’ingresso della Generazione Z. Adesso abbiamo una coesistenza di generazioni che hanno esigenze completamente diverse nella vita e nel mondo del lavoro. E quello che osserviamo è un cambiamento che va cavalcato. E da questo punto di vista le offerte di lavoro devono avere dei contenuti per essere interessanti per queste nuove popolazioni».

Che cosa diventa allora attrattivo per i giovani? Prima di tutto inclusività e autenticità: poter essere sé stessi sul lavoro è fondamentale. Poi la questione della formazione: «Sapere di essere in un ambiente dove le tue competenze le cambi e le implementi è un plus per i giovani. E dunque serve un management inclusivo in grado di portare il valore alle persone, di farle crescere. Cosa che il mondo del lavoro tradizionale non faceva». E, in questo scenario, i giovani e i giovanissimi si approcciano con curiosità, il che – sottolinea Albergoni – genera una combinazione interessantissima: da una parte appunto la curiosità di capire quell’azienda, e dall’altra l’apporto di nuove competenze che i giovani lavoratori possono apportare. «La Generazione Z è curiosa e desidera capire cosa succede in azienda. Questa curiosità, combinata con competenze che spesso mancano, è un match perfetto per le imprese».

Dunque, tre parole chiave: inclusività, curiosità e implementazione delle competenze. Tutti valori, questi, che, al netto di una retribuzione allineata al mercato, rappresentano un plus per le nuove generazioni, talvolta più importanti dello stipendio in sé. Ma attenzione, perché questo non significa che il valore economico del lavoro non sia importante: semplicemente, si ricerca un equilibrio. Equilibrio che, però, non può diventare una scusa per sfruttare e sotto-retribuire queste ragazze e questi ragazzi che stanno cercando il loro posto nel mondo.

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