Mentre l’Occidente si arrovella in modo ridicolo sulla transizione energetica, è nelle strade di Lahore e Karachi che si sta consumando una silenziosa rivoluzione verde. Il Pakistan, un paese che molti associano ancora a instabilità e sottosviluppo (ma che ha la bomba atomica, e 250 milioni di operosi abitanti), sta riscrivendo le regole del gioco energetico mondiale, dimostrando come la necessità aguzzi l’ingegno, e acceleri l’innovazione.
I numeri raccontano una storia sorprendente: nel corso del 2024 il Pakistan è diventato il terzo maggiore importatore mondiale di pannelli solari dalla Cina. Parliamo di quantità mostruose: 22 GW di pannelli solari, moltiplicando così la capacità solare installata di 17 volte in un solo anno. Per fare un paragone, stiamo parlando di più energia solare di quanta ne abbia aggiunta il Regno Unito negli ultimi 5 anni. Stiamo parlando di metà dell’intera capacità di generazione elettrica del paese asiatico, attestata a 46 Gigawatt. Una trasformazione che sta avvenendo non dall’alto, attraverso grandi progetti governativi, ma dal basso, grazie all’iniziativa di singoli cittadini e imprenditori.
Una combinazione di fattori
La spinta a questa rivoluzione viene da una combinazione di fattori: l’impennata dei prezzi dell’energia seguita all’invasione russa dell’Ucraina ha reso insostenibili le bollette elettriche tradizionali. Negli ultimi due anni, i consumi elettrici sono calati del 10%, un dato che normalmente indicherebbe una grave crisi economica. Eppure, paradossalmente, l’economia pakistana è cresciuta del 2%. Dopo di che, il Pakistan ha almeno 300 giorni all’anno di media di giornate soleggiate.
Il segreto di questa rivoluzione si trova sui tetti delle città pakistane. L’analista energetico Dave Jones ha documentato, attraverso immagini satellitari, una proliferazione di pannelli solari su edifici di ogni tipo: magazzini, fabbriche tessili, fattorie, qualsiasi cosa abbia un tetto piano. Il governo ha limitato al minimo l’iter burocratico e abolita la tassa sull’energia solare, e il crollo dei prezzi sul mercato dei pannelli in Cina ha fatto il resto.
L’investimento si ripaga in pochi anni
Per la classe media pakistana, l’investimento si ripaga in pochi anni grazie alla possibilità di rivendere l’energia in eccesso alla rete. Nelle aree rurali, i pozzi per l’irrigazione vengono sempre più spesso alimentati da energia solare, sostituendo i costosi e inquinanti generatori diesel. Secondo le proiezioni degli esperti, in altri termini, entro la fine dell’anno la capacità solare distribuita del Pakistan potrebbe avvicinarsi alla metà dell’intera capacità della rete nazionale. Un cambiamento epocale che sta avvenendo quasi in sordina, senza grandi annunci o piani quinquennali. Ovviamente bisognerebbe consentire anche ai più poveri di usufruire dell’elettricità, che ormai è diventata fondamentale ovunque.
Ma il Pakistan non è solo. Un fenomeno simile si sta verificando in diverse parti dell’Africa. Joel Nana, analista di Sustainable Energy Africa, riporta dati impressionanti: in Namibia, il solare distribuito rappresenta l’11% della capacità installata con 70 MW, in Eswatini (l’ex Swaziland) il 15%, in Sudafrica circa il 9% della capacità nazionale, a quota 5 Gigawatt,. Numeri che raccontano di una rivoluzione energetica silenziosa ma profonda che avviene anche in Zimbabwe, Lesotho, Madagascar e tanti altri Paesi.
Il mercato africano
La chiave di questa trasformazione risiede nella drastica riduzione dei costi dei pannelli solari cinesi e nella loro ampia disponibilità. Il mercato africano così come quello asiatico è letteralmente inondato di pannelli a prezzi accessibili, che rendono l’energia solare un’opzione non solo ecologica ma economicamente vantaggiosa per imprese e privati. A spingere questa trasformazione non sono solo gli alti costi dell’elettricità, ma anche l’inaffidabilità della fornitura: in gran parte del continente ma anche in Asia le interruzioni (programmate o meno) della corrente sono all’ordine del giorno, costringendo le aziende che possono permetterselo a ricorrere a rumorosi generatori diesel. Ma il carburante è costoso e la manutenzione dei generatori è complessa. Il fotovoltaico rappresenta quindi la scelta più logica per quasi tutte le imprese. Il mercato africano è diventato strategico per i produttori cinesi, che garantiscono un’ampia – anzi, amplissima – disponibilità di pannelli. Il mercato ne è letteralmente inondato.
Questa storia ci racconta molto più di un semplice cambiamento tecnologico. Ci mostra come, mentre i paesi industrializzati dibattono su target e roadmap per la transizione energetica, nelle aree considerate “in via di sviluppo” questa transizione sta già avvenendo, guidata non da politiche governative o pressioni ambientaliste, ma da pure logiche di mercato e necessità pratiche.