23 Aprile 2025
/ 21.04.2025

Il papa che ha difeso la casa comune

E’ morto questa mattina Papa Francesco. All’Angelus di Pasqua aveva affidato il suo ultimo messaggio: “Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le ‘armi’ della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!”

Roma è una città cinica, abituata da più di due millenni a vedere fiorire e tramontare imperi e ricchezze. Questo cinismo veniva espresso – oggi meno perché a Roma sono rimasti pochi romani – nell’antico e brutale adagio “morto un papa se ne fa un altro”. Ma non sarà facile trovare un papa come Francesco. La profondità del cambiamento impresso alla Chiesa dal suo pontificato è stata evidente il primo giorno, quando Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, gesuita e figlio di emigrati piemontesi, ha deciso di assumere il nome di Francesco. E i due poli indicati da questa scelta – l’attenzione alla natura e ai poveri – sono rimasti il filo conduttore che ha segnato i suoi 12 anni di pontificato.

Un pontificato radicalmente innovativo nei modi e nella sostanza. Nei modi perché l’apertura al mondo di Francesco non è stata solo un elemento intellettuale e dottrinale. Aveva un’energia inarginabile: il contatto curioso ed empatico con le persone – dalle visite a sorpresa nei negozi alle telefonate al presidente di Slow Food – rivelava il suo profondo interesse per le singole vite.

Innovativo nella sostanza perché ha riportato, come un tutt’uno, l’ambiente e la coesione sociale al centro del messaggio della Chiesa. Nel 2015 ha stupito il mondo con la Laudato sì. Un’enciclica che costituisce il più formidabile atto di accusa contro la rapacità dissennata dei predatori di natura. L’eccezionalità di questo documento sta nel perfetto bilanciamento di scienza ed etica, analisi storica e visione prospettica.

“L’intervento dell’essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si tratta di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana (…). Di qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a ‘spremerlo’ fino al limite e oltre il limite”. In questo passaggio della Laudato sì c’è già tutto, l’essenza dell’errore in cui siamo immersi e che sta “sgretolando il mondo che ci accoglie”: il ritardo culturale che frena la conoscenza, che ci impedisce di mettere in atto i rimedi che pure gli scienziati conoscono e da tempo indicano come indispensabili.

Certo, è imbarazzante per il mondo laico constatare che papa Francesco è stato – anche – il grande difensore della conoscenza scientifica mentre i capi di alcuni dei maggiori Paesi del mondo seminavano falsità sulla crisi climatica. È successo perché Francesco guardava lontano e poteva vedere con chiarezza i nostri interessi collettivi, i bisogni reali. Mentre chi guarda solo in basso, all’interesse immediato che misura magari con i tempi dei sondaggi, rischia di non vedere gli ostacoli che si profilano.

È per questo che La Laudato sì ha saputo anticipare gli eventi, indicando con puntualità i mali che si stavano delineando: “È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni”. E ha saputo anticipare le soluzioni: “Il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di vegetali. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa direzione sono ancora molto scarsi”.

In fondo si potrebbe obiettare che Francesco ha fatto il suo mestiere, perché guardare lontano è il mestiere del papa. Ma qui arriva l’altra sorpresa di questo pontificato: la rilettura profonda, e in parte autocritica, del rapporto tra l’uomo e la natura: “Non basta pensare alle diverse specie solo come a eventuali ‘risorse’ sfruttabili, dimenticando che hanno un valore in se stesse”. E ancora: “Qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature. È importante leggere i testi biblici nel loro contesto, con una giusta ermeneutica, e ricordare che essi ci invitano a ‘coltivare e custodire’ il giardino del mondo. (…) Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura”.

E nel 2023 arriva la Laudate deum, l’esortazione apostolica in cui il papa denuncia i ritardi nell’azione riparativa dei danni che abbiamo prodotto e indica con chiarezza come la cura dell’ambiente sia anche la cura per la nostra società e coincida con la difesa dei più deboli, che sono i più esposti al rischio della disgregazione della stabilità climatica e della stabilità sociale: “La transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita, così come tutti gli sforzi per adattarsi ai danni del cambiamento climatico, sono in grado di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Per questo è necessario che i politici e gli imprenditori se ne occupino subito”.

Non occuparsene, ignorare il bene collettivo e agire – spesso con violenza – per imporre l’interesse particolare di pochi, porta alla disgregazione non solo del mondo fisico ma anche di quello culturale e storico. Il rimedio indicato è il contrario di quello che sta avvenendo. È la “necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune”.

Papa Francesco è stato il grande difensore della nostra casa comune. Senza di lui siamo più soli.

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