31 Maggio 2025
/ 30.05.2025

Il riarmo accelera la crisi climatica

Secondo uno studio del Conflict and Environment Observatory, le attuali politiche di riarmo, in particolare quelle della Nato, potrebbero incrementare le emissioni globali di gas serra di circa 200 milioni di tonnellate all'anno

Mentre il pianeta si avvicina pericolosamente ai punti di non ritorno climatici, la corsa globale al riarmo rischia di compromettere definitivamente gli obiettivi ambientali. A lanciare l’allarme è un recente studio del Conflict and Environment Observatory, in collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari del Disarmo, e pubblicato in esclusiva dal Guardian. Secondo i ricercatori, il solo riarmo pianificato dalla Nato potrebbe comportare un incremento annuo di quasi 200 milioni di tonnellate di gas serra – l’equivalente delle emissioni totali di un Paese come il Pakistan.

Un record storico di spese militari

Nel 2023, le spese militari globali hanno raggiunto un nuovo picco: 2,46 trilioni di dollari. Si tratta della cifra più alta dalla fine della Seconda guerra mondiale. A pesare, oltre ai grandi conflitti in corso – dall’Ucraina a Gaza, dal Sud Sudan alla Repubblica Democratica del Congo – è la crescente instabilità geopolitica, con nuove tensioni tra Cina e Stati Uniti su Taiwan e tra India e Pakistan.

Tra il 2021 e il 2024, i Paesi dell’Unione Europea hanno aumentato le loro spese militari del 30%, secondo l’International Institute for Economics and Peace. E la tendenza è in crescita: a marzo, Bruxelles ha annunciato il piano “Readiness 2030”, ex “ReArm Europe”, che prevede una spesa aggiuntiva di 800 miliardi di euro per rafforzare l’apparato bellico europeo.

Emissioni occulte e rischio sistemico

Nonostante il loro peso ambientale, le emissioni militari restano tra le più opache: pochi eserciti dichiarano l’uso effettivo di combustibili fossili. Gli esperti stimano però che il comparto militare sia già responsabile del 5,5% delle emissioni globali – una percentuale destinata a crescere con l’intensificarsi delle tensioni.

Ellie Kinney, ricercatrice del Conflict and Environment Observatory, avverte: “C’è una reale preoccupazione per il modo in cui stiamo dando priorità alla sicurezza a breve termine, sacrificando quella a lungo termine. La militarizzazione accelera il cambiamento climatico, che a sua volta genera nuovi conflitti. È un circolo vizioso”.

Basti pensare al Darfur, dove la guerra è stata alimentata dalla desertificazione e dalla scarsità d’acqua, o all’Artico, dove il ritiro dei ghiacci ha acceso nuove dispute sulle risorse naturali.

Opportunità mancate e futuro in pericolo

Ogni dollaro speso in armamenti rappresenta un’opportunità persa per investire in transizione ecologica, energia pulita e resilienza climatica. “Con i fondi spesi per la difesa in un solo anno si potrebbero finanziare migliaia di progetti per l’adattamento climatico nei Paesi più vulnerabili”, spiegano i ricercatori.

Se le attuali politiche di riarmo continueranno senza freni, sarà sempre più difficile rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Peggio ancora, rischiamo di alimentare nuove guerre proprio a causa della crisi climatica che dovremmo contrastare.

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