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Cronaca, Economia, Società, Spazio Giovani

Il rischio di un patrimonio

27.10.2024

Fuga dei giovani. In 13 anni abbiamo regalato ai Paesi esteri circa 550mila dei nostri 18-34enni, provocando al Bel Paese danni sociali ed economici incalcolabili. Si parla di un valore complessivo di oltre 130 miliardi di dollari. Un terzo degli expat non ha alcuna intenzione di tornare in Italia. Motivazioni e possibili soluzioni.

Il fenomeno della fuga dei cervelli dall’Italia è tristemente noto, ma nel frattempo si è deciso anche di quantificarlo. E i numeri non fanno altro che certificarne la severità. Da anni il nostro territorio soffre per la partenza verso l’estero di giovani laureati e professionisti, disillusi dalle difficoltà riscontrate nel trovare in patria un’occupazione che ne rispecchi preparazione e aspettative (economiche e non solo). Questo, però, ha fatto perdere nel tempo un vero e proprio patrimonio al Paese.
A denunciarlo, uno studio fresco di presentazione al CNEL, curato dalla Fondazione Nord Est.

Impossibile prescindere da un primo dato: in 13 anni, dal 2011 al 2023, sono stati grossomodo 550mila i giovani italiani che hanno deciso di lasciare l’Italia per trovare maggior fortuna all’estero. Parliamo di cittadini dall’età compresa tra i 18 e i 34 anni, il cui contributo alla comunità è ora beneficio di un Paese diverso da quello in cui sono nati e – spesso – si sono formati.

Del resto, lo studio sottolinea come l’Italia sia l’ultimo Paese d’Europa per attrattività verso i giovani. Si pensi che la Svizzera accoglie il 43% dei 18-34enni europei, la Spagna il 32%, mentre da noi ne arriva appena il 6%. Ancora più inquietante un altro dato: l’80% degli italiani espatriati ha un lavoro, mentre tra i loro coetanei rimasti in patria gli occupati sono solo il 64%. E anche il commento del presidente del CNEL, Renato Brunetta, è chiaro e severo: «La scarsa attrattività dell’Italia per i giovani è un’autentica emergenza nazionale, economica e sociale. L’insensibilità del Paese al tema è scandalosa e inaccettabile».
La fuga dei cervelli italiani ha alle spalle motivazioni diverse, tutte gravi. Il 10% di chi espatria è alla ricerca di salari più alti, il 17,1% vuole una migliore qualità della vita, il 19,2% studio e formazione più consoni alle aspettative. Ma il parametro che spinge la maggior parte di loro (il 25%) è la sensazione che lontano dall’Italia troverà migliori opportunità lavorative. E attenzione: se in passato questo era considerato un fenomeno tipico del Sud Italia, ora la questione si è ribaltata. E infatti il 35% dei giovani del Nord si definisce pronto a trasferirsi all’estero, non appena possibile.

Il tutto si traduce oltretutto in una perdita economica significativa per l’Italia: si parla di un valore complessivo di 134 miliardi tra il 2011 e il 2023. «Ma il deflusso reale arriva al triplo, e questo contribuisce ad alimentare la competitività e la crescita di altri Paesi europei a discapito del nostro», ha denunciato Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione Nord Est.
In questa fase storica la fuga dei cervelli è peraltro una strada a senso unico. Il 33% degli expat sostiene di non avere alcuna intenzione di tornare in Italia, grazie alla condizione professionale, la visione del futuro e il benessere percepito che è riuscito a trovare nella sua nuova esperienza di vita. E, soprattutto, l’87% si definisce soddisfatto della propria scelta. Che, per forza di cose, diventa così senza ritorno.

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