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Cronaca, Esteri

Il risveglio di Biden

09.03.2024

Sulle orme di Roosevelt, più vigoroso che mai, Biden fornisce al Congresso informazioni sullo Stato dell’Unione. Imposte sui miliardari, sanità, NATO sono stati alcuni dei punti principali annunciati per appiattire l’attenzione repubblicana che mirava la sua lucidità. Attacca Trump indirettamente 13 volte, ma dovrà mostrare costanza.

Imposte sul reddito del 25% per i miliardari, assistenza sanitaria, tutela federale dell’aborto, sostegno alla NATO e all’Ucraina: sono solo alcuni dei punti toccati da Joe Biden nel suo vigoroso discorso sullo Stato dell’Unione tenuto al Congresso a Camere riunite. Frasi dure, dirette a colpire non solo il suo avversario Trump – attaccato 13 volte, senza mai citarlo per nome – ma anche i parlamentari repubblicani appiattiti sulle sue posizioni. Mentre i democratici si alzavano ad applaudire, questi sono rimasti seduti per tutto il tempo, trasmettendo nitida la spaccatura tra i due schieramenti. L’obbligo del presidente di “fornire periodicamente al Congresso informazioni dello Stato dell’Unione” è sancito dalla sezione 3 dell’articolo II della Costituzione, quello che stabilisce poteri e doveri del presidente. Come per tanti altri aspetti della vita politica USA, la cadenza annuale fu stabilita da George Washington. Dal 1801 i presidenti inviarono lunghe relazioni scritte, ma nel 1933 Roosevelt tornò alla forma orale, dando ai discorsi un taglio molto più politico che tecnico.

È a questa tradizione che si è ricollegato Biden, con il doppio obbiettivo di articolare una visione – e dunque una piattaforma elettorale – opposta a quella di Trump, ma anche di dimostrare di essere l’uomo giusto per portarla avanti. Ci sono pochi dubbi che su quest’ultimo aspetto Biden abbia avuto pieno successo. Né la voce, né l’espressione, né gli occhi tradivano gli 81 anni di età che sono già un fattore cruciale nella campagna elettorale.  Come tutti i politici, qua e là il presidente ha esagerato i propri successi, come per i nuovi posti di lavoro o il contenimento dei prezzi delle medicine. Ma la verità non era il punto principale dell’appuntamento. Biden si è dimostrato tutt’altro che lo “Sleepy Joe”, il vecchio zio assonnato tratteggiato dalla propaganda avversaria. Si tratta in parte della nuova strategia di comunicazione, incentrata sul “Let Joe be Joe”, ovvero “lasciatelo essere sé stesso”, facendo trasparire con forza i suoi princìpi e valori anziché ingabbiarlo nell’ufficialità. Una strategia con qualche rischio, ma che gli consente di lasciare la difensiva per l’offensiva.  Non a caso, la grande stampa americana ha segnalato una forza al limite dell’irritualità.

Meno che mai si è trattato di un discorso a braccio, come i comizi elettorali infarciti di errori di Trump. La coreografia è stata anzi attentissima. In galleria, per esempio, c’erano le famiglie di alcune vittime delle stragi di Hamas del 7 ottobre, per segnalare che la distanza politica da Netanyahu non mette in discussione l’amicizia con Israele. Per i repubblicani, invece, c’era George Santos, lo screditato deputato rimosso per falsi e ruberie varie. Biden ha dimostrato di poter deviare dal copione. Ha raccolto la sfida dell’ultrareazionaria Marjorie Taylor Greene, pronunciando il nome di Laken Riley, ucciso da un immigrato illegale, sottolineando l’ipocrisia dei repubblicani che non votano il pacchetto sicurezza.

Mentre il suo avversario seguiva il discorso da Mar-a-Lago lanciando messaggi social, il vecchio leone ha dimostrato di saper ruggire e di essere solidamente al comando. Per vincere in novembre, dovrà riuscire a farlo ogni volta che parla, qualsiasi sia il pubblico. Il mestiere ha dimostrato di averlo ancora. Per vincere, dovrà applicarlo per tutti i prossimi otto mesi.

Credito fotografico: White House Press Office

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