22.04.2023
Il Salone del Mobile, una eccellenza a cui serve un vero rilancio
Il Made in Italy come patrimonio di attitudini e saperi, miniera concettuale capace di trascinare una vera e propria filosofia e un modus vivendi, permeati di eleganza e senso estetico, bellezza e benessere. Con Milano che diventa punto di riferimento e vetrina d’eccezione.
La sensazione che si coglie visitando i padiglioni rutilanti di luci e attrattive del polo di Rho Fiera è che la 61esima edizione del Salone del Mobile di Milano, con visitatori curiosi e operatori febbrili nell’accoglienza e nella presentazione di prodotti e novità, è quella di una prodigiosa capacità reattiva per scrollarsi di dosso la camicia asfittica degli effetti pandemici recenti.
Il nuovo format espositivo rende più fruibili gli spazi nell’interrelazione della comunità del design, sulla piattaforma di un’evoluzione culturale capace di rispondere adeguatamente alle sfide imposte da una contemporaneità sempre più esigente. Diverse le strategie adottate, quest’anno, dagli espositori: chi ha investito in uno stand, chi ha preferito rinnovare lo show-room (es: nella celebratissima Via della Spiga) esprimendosi con installazioni di prodotto più complesse rispetto al classico stand, ritenuto inadatto a rappresentare spirito e crescita del brand dal punto di vista stilistico.
Sono, pure, serpeggiate polemiche, tanto che alcuni gruppi hanno disertato, e la riduzione degli spazi espositivi aperti al pubblico appare evidente. Il contesto macroeconomico, condizionato dal perdurare del conflitto russo-ucraino, dentro una geografia europea e mondiale in preda a convulsioni politiche intermittenti, fa sì che la tendenza dei gruppi industriali votati a fusioni e aggregazioni prossime venture, per calibrare meglio gli obiettivi, sfruttare le tecnologie emergenti e offrire servizi efficienti a una clientela da fidelizzare, rimanga passo ineludibile.
Facendo scivolare l’occhio tra mobili, componenti, forme sinuose ed elementi frutto di studio, progettazione, fantasia, attraversando i vari spazi, si comprende che questa è soltanto la facciata. Dietro si animano 16.000 imprese e oltre 125.000 addetti, che hanno prodotto un fatturato di 28,1 miliardi di euro e una crescita dell’11% sull’anno precedente, facendo sì che l’industria italiana dell’arredo (3,4% della manifattura nazionale), possa consolidare la prospettiva per una crescita del settore, tra il 2019 (pre-Covid) e il 2025 del 42,4%, secondo la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. Con nodi da scogliere e un’economia ancora imbrigliata da lacci stringenti.
Passando alle novità, il Salone del Mobile 2023 si fa portavoce di un impegno unico verso la sostenibilità, tanto che si percepisce quanto responsabilità economica e sociale, attraverso l’uso di materiali da costruzione sostenibili provenienti da fornitori di materiali riciclati, riciclabili o riutilizzabili, siano diventate linee guida per ripensare il mondo.
E anche il mondo dell’illuminazione è in continua evoluzione. Senza dimenticare l’etica. Nella sezione di Euroluce (rassegna biennale), quasi tutti gli straordinari elementi, lampade, applique di sofisticata ingegnerizzazione, ad esempio, presentano una ricerca costante di soluzioni per accordare simbioticamente estetica e taglio dei consumi. Niente sprechi, ma più oculatezza, a fronte di un dato dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (coordinatore Prof. Carlo Cottarelli – sì, lo stesso della spending review): l’Italia è il Paese che spende di più in Europa per l’illuminazione pubblica. «La luce è la prima cosa che esiste, prima di ogni altra cosa», affermava perentorio il grande architetto Louis Kahn. Indirizza i nostri passi, ci emoziona. Ma oggi va utilizzata con rispetto.
Dopo giri infiniti, si decide con le ultime energie d’immergersi in Milano Design Week, con una città colorata, pullulante di eventi, cocktail, apericena. E una certezza, che va al di là dei risultati ottenuti anche da questo Salone del Mobile, vetrina fulcro di proposte. Veleggia a mezz’aria, quella necessità, imprescindibile, di ripristinare il brand Made in Italy, riattivando i circuiti virtuosi che l’hanno reso celebre in ogni parte del mondo, Capacità di proporre la propria unicità, e ripristino dell’identità come carattere peculiare e distintivo, attingendo al serbatoio di una tradizione culturale invidiabile che fa del prodotto finale un unicum, in cui ravvisare estro nel design e nella progettazione, coniugata a qualità, valori estetici, e cuore del life style. Per combattere, e magari sconfiggere le proposte amorfe, figlie di una massificante cultura videoanalfabeta, regno del (im)probabile, dove tutto è uguale a tutto e al contrario di tutto. Il Made in Italy deve riconquistare gli elementi identitari che l’hanno caratterizzato e hanno concorso in maniera decisiva alle sue fortune! Milano docet.
Credito fotografico:
Salone del mobile di Milano