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Cronaca, Esteri

Il terrorismo non ci molla, attacca Mosca

23.03.2024

Torna l’incubo del terrorismo nella capitale russa. Un gruppo di uomini armati apre il fuoco senza pietà sugli spettatori al teatro Crocus City Hall, uccidendo uomini, donne e bambini, poi brucia tutto. Gli USA accreditano la rivendicazione dell’ISIS. Tutto è possibile e al tempo stesso smentibile.

Il conto dei morti dell’attentato al teatro Crocus City Hall di Mosca ha assunto proporzioni impressionanti, con numeri in continuo e drammatico aggiornamento. Tra colpi di fucili d’assalto, esplosioni e ritardo nei soccorsi, il concerto rock di venerdì sera si è trasformato prima in carnaio e poi in incredulità per l’apparente fallimento dell’apparato di sicurezza della Russia e, pertanto, del presidente Putin, appena riconfermato da una votazione plebiscitaria. Com’è stato possibile? Chi è stato? A poche ore da una strage di questa portata, è impossibile rispondere in maniera certa a queste spontanee domande dall’altissima carica emotiva.

Proprio per questo non bisogna, però, cedere alla tentazione di farlo comunque, appigliandosi a questa o quella informazione ancora non verificata. In altre parole, senza sapere se il dato sia vero o meno, chi lo abbia messo in circolazione e quando, senza trasformare in prove i moventi solo presunti. È il caso dell’ipotetico ruolo dell’Ucraina e degli Stati Uniti. La già improbabile targa ucraina di un furgone bianco ritrovato nei pressi del Crocus, si è rivelata presto bielorussa, e dunque di un Paese alleato anziché avversario di Putin. È possibile che la TV russa non ne fosse consapevole quando ha mandato le immagini in mondovisione? È un errore in buona fede o un maldestro tentativo di dirigere subito i sospetti verso il nemico Zelensky? Altrettanto vale per l’annuncio dell’arresto dei responsabili dell’attentato, mentre erano diretti al confine russo-ucraino. Quant’è probabile una fuga verso il fronte, dove è più probabile il controllo militare?

 

L’avviso diramato dagli USA ai propri cittadini a Mosca – perché, incredibilmente ve ne sono ancora – è segno di premeditazione o della superiorità informativa? L’annuncio pubblico era un modo per comunicare con l’avversario nonostante tutto, o un astuto depistaggio?

La pista di oppositori interni alla Russia, volta a sottolineare la debolezza del consenso, potrebbe spiegare le complicità delle quali gli attentatori hanno probabilmente fruito, ma sembra poco logica dopo le elezioni comunque vinte da Putin: una settimana fa, a seggi aperti, avrebbe avuta ben altra eco. D’altro canto, non si può escludere neppure un’operazione di maskirovska dei servizi russi – gli stessi, è il caso di ricordarlo, dai quali proviene appunto Putin. Su questa lettura convergono precedenti che partono dalla distruzione dei condomini di Mosca da parte dell’FSB nel 1999, per darne la colpa ai ceceni ed aumentare il consenso al primo mandato di Putin.

La stessa rivendicazione ISIS-K, per quanto accreditata dagli USA, si scontra con elementi contraddittori. Le foto dei sospettati diffuse nelle prime ore si sono rivelate essere di persone già morte da settimane, e c’è chi dice che la rivendicazione segua un formato non più in uso. Tutto questo impone, dunque, grande cautela nel formulare analisi che al momento non si possono né confermare né smentire. Tutto è possibile e al tempo stesso smentibile, perché tanti soggetti hanno troppi interessi in ballo. O meglio, hanno un unico interesse: spremere il massimo dalle vittime, dandone la colpa a qualcun’altro. Proprio per questo, è l’ora di riflettere in silenzio. Per la verità, i tempi saranno molto più lunghi.

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