22.02.2025
In Germania i Verdi possono fare la differenza
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Sono elezioni legislative particolarmente importanti quelle che si svolgeranno questo weekend in Germania. Un ritorno alle urne anticipato, che si è reso necessario dopo che a novembre il governo guidato dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz è entrato in crisi dopo l’uscita del Partito liberale democratico (Fdp) dalla coalizione di governo, di cui fanno parte anche i Verdi. Di fatto, sancendo il fallimento della cosiddetta colazione semaforo. Da quasi quattro mesi, quindi, la Germania ha un governo di minoranza rosso-verde con una capacità d’azione limitata.
Il 16 dicembre Scholz, che guida la Germania dal 2021, ha rassegnato ufficialmente le sue dimissioni ed è stata fissata per domenica 23 febbraio la data delle elezioni, le quarte anticipate nella storia della Repubblica federale tedesca. Domenica si concluderà quella che l’Economist ha definito la settimana più cupa dalla caduta della cortina di ferro: “L’Ucraina è stata svenduta, la Russia è in via di riabilitazione e, sotto Donald Trump, non si può più contare sul fatto che in tempo di guerra l’America correrà in aiuto dell’Europa”.
La maggioranza che emergerà dalle urne avrà l’oneroso compito di rimettere in carreggiata il Paese, economicamente e politicamente. Soprattutto incarnerà l’ultima chance per contrastare l’arrivo al potere del partito di estrema destra Alternative für Deutschland. Anche se secondo i sondaggi il movimento presieduto da Alice Weidel non avrebbe la possibilità di entrare nel governo federale, più di un commentatore ha definito la campagna elettorale appena conclusa come “il primo inquietante esperimento di un partito filonazista che si presenta al voto con l’appoggio sia del regime russo sia della Casa Bianca”.
Il leader democristiano Friedrich Merz, super favorito alla vittoria finale, si è detto contrario a qualsiasi alleanza formale con l’AfD. Ciò non gli ha impedito alla fine di gennaio di tentare di far approvare al Bundestag una stretta ai flussi migratori con i voti dell’estrema destra.
Le certezze internazionali su cui si sono basati i sedici anni di cancellierato Merkel – energia a basso costo da Mosca ed export senza ostacoli verso Pechino – sono venute meno. Nel frattempo, Russia, Cina e la nuova amministrazione Trump vogliono cambiare lo status quo dell’ordine globale. La Germania non può permettersi l’immobilismo, né per se stessa né per l’Unione europea.
Nonostante l’ambiente sia stato il grande assente nel dibattito di avvicinamento alle elezioni, dominato da economia e sicurezza, una delle questioni sollevate ha riguardato il prezzo dell’energia, fortemente aumentato con la fine delle forniture russe. La CDU/CSU e l’FDP vogliono rilanciare il programma nucleare, interrotto a suo tempo dalla cancelliera Angela Merkel sulla scia del disastro giapponese di Fukushima del 2011. Verdi e Socialdemocratici, invece, promettono di ridurre le bollette elettriche, tendenzialmente con nuove forme di sussidi pubblici.
Le forze in campo
Il sistema politico tedesco è da sempre piuttosto stabile e da decenni i due partiti principali sono l’Unione cristiano democratica (CDU) e il Partito socialdemocratico tedesco (SPD). Da alcuni anni il terzo partito più importante in Germania è Alternative für Deutschland (AfD), un partito di estrema destra.
Tra gli altri partiti ci sono Bündnis 90/Die Grünen, il partito dei Verdi guidato da Robert Habeck e Annalena Baerbock; il Partito Liberal Democratico, guidato da Christian Lindner; e Die Linke, partito di estrema sinistra guidato da Jan van Aken e Heidi Reichinnek. In queste elezioni si presenta anche il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), partito fondato dalla parlamentare Sahra Wagenknecht. Nel 2023 Wagenknecht ha lasciato Die Linke per alcuni dissidi con il resto del partito.
Coalizione Kenya?
A meno di una settimana dalle elezioni, l’istituto Forsa ha reso noti i risultati di un sondaggio condotto per le reti Rtl/Ntv. I nuovi dati sono incoraggianti per i liberali della Fdp e la Linke che rientrano in Parlamento. La situazione, dunque, si complica perché i seggi vanno divisi tra più partiti e questo rende più difficile la strada per definire una coalizione. Al momento in testa resta la Cdu-Csu (30%), Afd (20%), Spd (16%), Verdi (13%), Linke (7%) e Fdp (5%).
Con la rimonta dei piccoli partiti, un ritorno della Grosse Koalition (lo schema di gioco preferito di Angela Merkel) diventa infatti più improbabile. Ed è l’inattesa ascesa della Linke, la sinistra, con cui Olaf Scholz ha escluso ogni coalizione, a far immaginare a questo punto un futuro governo tripartitico, come quello appena fallito nella Germania abituata un tempo alla stabilità.
Viene definita coalizione Kenya (dal colore della bandiera dello Stato africano nero, rosso e verde) quella più accreditata a guidare il Paese. Un’alleanza che vedrebbe di nuovo recitare un ruolo di primo piano ai Verdi dell’attuale vice cancelliere Robert Habeck. “Non posso accettare che il populismo ci privi del nostro futuro”, aveva affermato Habeck il giorno dell’ufficializzazione della sua candidatura a futuro cancelliere. “Certo, conosco i sondaggi. So che il governo di coalizione ha fallito. So che la fiducia è stata distrutta, ma negli ultimi giorni ho trovato una nuova forza per combattere ancora una volta”.
La débâcle degli ambientalisti alle elezioni dei Länder orientali dello scorso settembre è stata traumatica. Una disfatta totale per i Grünen che stavano al governo avendo ottenuto quasi il 15% su scala nazionale alle legislative del settembre 2021. Una sconfitta che di fatto ha aperto una stagione di profondi cambiamenti. Habeck, insieme alla ministra degli Esteri Annalena Baerbock, è la figura prominente degli ecologisti tedeschi, il riferimento principale dell’area dei cosiddetti realisti, che sostengono la necessità di ammorbidire alcune posizioni ritenute ideologiche e difese invece dall’ala più radicale del partito. Stando ai retroscena che circolano sulla stampa tedesca Habeck vorrebbe riposizionare i Verdi più vicino al centro, soffiando magari un po’ di elettori alla Cdu. Potrebbe servire anche questo per fermare l’avanzata populista.