25 Aprile 2025
/ 26.03.2025

In Italia meno emissioni di gas serra ma resta il nodo trasporti

Secondo i dati di Ispra, nel nostro Paese le emissioni di gas serra sono calate del 26%. Merito della crescita delle rinnovabili. Due i settori che hanno trainato: l’industria manifatturiera e quella delle costruzioni. Ancora male i dati sul trasporto stradale. A livello globale, però, le emissioni salgono mentre l’Agenzia internazionale delle rinnovabili rilancia: occorre raddoppiare la produzione di energia pulita

La crescita dell’efficienza energetica da fonti rinnovabili, nei settori industriali e il passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio cominciano a produrre i primi risultati in Italia dove nel 2023 le emissioni nazionali dei gas serra sono diminuite del 26% rispetto ai livelli del 1990. Sono i dati dell’Ispra emersi dall’ultima edizione dell’“Inventario nazionale delle emissioni dei gas serra” comunicati, in concomitanza con gli scenari emissivi al 2055, all’Unione Europea. Le emissioni di gas serra diminuiscono anche rispetto all’anno precedente (2022) del 6,8% e raggiungono un totale pari a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Due sono i settori che hanno fatto da traino per questa performance: le industrie manifatturiere e quelle delle costruzioni. I due settori sono stati capaci di ridurre le emissioni del 45%. Meglio di loro solo il comparto delle industrie energetiche (-47,3% nel 2023), a fronte di un aumento della produzione di energia totale e dei consumi di energia elettrica.

Brutte notizie invece dal settore trasporti che non solo non registra una riduzione delle emissioni ma continua a far registrare numeri preoccupanti con un aumento del 7% rispetto al 1990. È giusto ricordare che le emissioni prodotte dal settore dei trasporti derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale. Nonostante le direttive europee, rileva Ispra, i livelli emissivi dei trasporti stradali sono rimasti costantemente elevati, attestandosi sui valori del 2014 e determinando così il superamento del tetto massimo consentito.

Oltre ai trasporti (28% del totale nazionale), contribuiscono ad oltre la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti i settori della produzione di energia (21%), residenziale (18%) e dell’industria manufatturiera (13%).

La mancata diminuzione delle emissioni dei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti dal regolamento europeo Effort Sharing, fino al loro superamento registrato nel 2021 nel 2022 e nel 2023. Il regolamento Effort Sharing prevede una riduzione del 43,7% rispetto al 2005 delle emissioni prodotte da trasporti, residenziale – riscaldamento degli edifici – agricoltura, rifiuti e industria non-Ets. Il sistema Ets (Emission trading system) include principalmente i settori di produzione energetica e dell’industria pesante e che hanno l’obiettivo di una riduzione delle emissioni del 61% entro il 2030 e rispetto al 2005.

Nel resto del mondo va peggio

Se in Italia possiamo registrare timidi successi, il resto del mondo ha visto la concentrazione dei tre principali gas serra nell’atmosfera – anidride carbonica, metano e protossido di azoto – raggiungere nel 2023 i valori più alti nelle serie di misurazioni, con una crescita che è stata confermata anche nell’anno appena trascorso. Nel 2024, la World Meteorological Organization (WMO) ha registrato livelli di anidride carbonica senza precedenti, culminati in un anno decisamente più caldo rispetto ai precedenti 175 anni. Secondo i meteorologi, il passaggio climatico da La Niña a El Niño tra il 2023 e il 2024 ha rappresentato un momento cruciale nel rapido aumento delle temperature.

L’attuale concentrazione atmosferica di anidride carbonica (CO2) ha raggiunto un livello che non si registrava da almeno due milioni di anni. Ed è proprio l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera causato dall’uomo il principale fattore del cambiamento climatico. La CO2 è responsabile di circa il 66% dell’impulso di radiazione di tutti i gas serra a lunga durata dal 1750 e di circa il 79% negli ultimi dieci anni.

Gli Usa rinnegano il piano per il clima. Irena rilancia

Non curante di questi dati, l’amministrazione Trump ha annunciato una clamorosa marcia indietro sui gas serra. Nelle scorse settimane, l’’Environmental Protection Agency (Epa) ha ritirato una sostanziosa serie di norme sull’inquinamento dopo aver dichiarato l’intenzione di voler annullare la storica conclusione di uno studio del governo americano del 2009 secondo cui i gas che riscaldano il pianeta, come l’anidride carbonica, rappresentano una minaccia per la salute umana. 

Sembrano avere un destinatario ben preciso le parole pronunciate da Francesco La Camera, direttore generale di Irena (l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), secondo il quale per raggiungere l’obiettivo globale di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030, “i maggiori emettitori di CO2 del G20 e non solo dovrebbero più che raddoppiare la capacità rinnovabile installata annualmente entro il 2030”.

I Paesi del G20 rappresentano l’80% del consumo globale di energia e contribuiscono a oltre l’80% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia. “È tempo di integrare sistematicamente le rinnovabili nel prossimo ciclo di piani climatici nazionali”, aggiunge La Camera. Secondo i dati preliminari di Irena, incaricata di monitorare i progressi dell’accordo raggiunto al vertice sul clima Cop28 a Dubai, “gli sforzi sono ancora insufficienti e distribuiti in modo disomogeneo in alcune economie”.

CONDIVIDI

Continua a leggere