24.06.2023
In Russia aria di «pronunciamiento» in stile latinoamericano, Kiev brinda ma USA teme il peggio
È questione di ore. Se Putin riesce a domare con le cattive o con le buone – forza o trattative – la ribellione di Prigozhin e della sua Wagner, o la situazione gli sfugge di mano. Possono approfittarne rivali interni al Cremlino, possono cogliere l’occasione forze di un’opposizione disarmata, possono iniziare, nelle forze armate, negli apparati di sicurezza come nei servizi, calcoli su quale sia il carro del vincitore.
L’appello rivolto al Paese da Putin ha la retorica delle ore supreme: cerca di separare la Wagner dal suo capo, promette punizione a chi ha tradito, chiama all’unità patriottica perché non si ripeta quel che avvenne nel 1917, quando la Prima guerra mondiale fece precipitare la Russia in una guerra civile e fu la scintilla della rivoluzione bolscevica.
Ma questo è il fronte interno, nel quale Putin non può permettersi di rivelare debolezze, dopo essere stato incapace di prevedere quello che, più di un colpo di Stato, sembra un «pronunciamiento» latinoamericano, il sollevamento militare che per vincere ha bisogno di qualche sponda nel cuore stesso del potere. Il fronte esterno, la guerra con l’Ucraina e la Nato sono ancora peggio, per Putin. Perché sarebbe ben strano che, dopo le difficoltà della controffensiva tanto annunciata, Kiev non cogliesse l’occasione. Aspettiamoci attacchi sul terreno da parte dei reparti ucraini forti dei 23mila uomini addestrati in Europa, sabotaggi nel territorio russo, blitz come quelli attuati nella regione di Belgorod da milizie russe ribelli.
Kiev, ovviamente brinda. Ad apparire preoccupati sono due grandi rivali: Pechino e, tra le righe, Washington. Pechino ha nominato un suo inviato per seguire la situazione da vicino. Negli Stati Uniti si teme lo spettro di una Russia ingovernata, o governata da qualcuno peggio di Putin. La vecchia storia della padella e della brace.