21.05.2024
L’appetibilità delle nostre mete può diventare un’arma a doppio taglio, che supera la capacità fisica ed ecologica di accoglienza. Si chiama “Overtourism”. Dai cinque fattori che hanno messo ad alto rischio alcune città italiane, spicca fatalmente Venezia. Analisi approfondita.
Che l’Italia punti molto sul turismo non è certo una novità, né tantomeno un segreto. Per cultura, storia, tradizioni, enogastronomia e ricchezza di territori, oltre che per luoghi, paesaggi e offerte che svariano dal mare alla montagna, il nostro Paese ha sempre attirato visitatori da ogni angolo del mondo. E anche governi e amministrazioni hanno sempre puntato molto sul settore, con campagne pubblicitarie di ogni tipo (da quelle particolarmente riuscite ad altre che sono divenute, per dirla in maniera elegante, più famigerate che famose). Un aspetto che non si tiene però sufficientemente in conto è che anche questa medaglia ha un lato oscuro. E che quindi perfino il turismo, se eccessivo e incontrollato, può diventare un fenomeno nocivo.
Lo spiega Demoskopika, che in un’analisi presentata sull’agenzia Ansa introduce e sviscera il concetto di “overtourism”. Si tratta, come è facile intuire sin dal nome, di “turismo in eccesso” e si manifesta ogni qual volta un luogo di interesse attiri al suo interno più persone di quante possa effettivamente ospitarne. Quantomeno senza che la loro massiccia presenza arrechi danni all’ambiente o addirittura alla comunità locale. Esiste anche un Indice complessivo di sovraffollamento turistico (o, per comodità, Icst), che analizza gli effetti delle presenze umane in eccesso su uno specifico luogo o territorio.
Cinque i fattori passati al setaccio: densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, occupazione delle strutture e quota di rifiuti generati. Ebbene: diverse città d’Italia molto famose lo sforano alla grande, raggiungendo un livello di rischio “molto alto”. E non tutte corrispondono alle prime che ci verrebbero istintivamente in mente.
In cima alla lista di città che creano questo tipo di preoccupazione per la propria sostenibilità turistica, tanto da mettere a repentaglio la qualità della vita locale, spicca fatalmente Venezia. Che da tempo immemore scatena questo genere di allarme (sfociato recentemente nella proposta di introdurre un biglietto d’ingresso nell’intera città, con annesso uragano di polemiche). Al suo fianco c’è un’altra tradizionale meta turistica del Veneto come Verona, e poi un elenco di destinazioni che abbraccia buona parte della Penisola: dal Sud (Napoli) all’estremo Nord (Trento e Bolzano), dalla costa tirrenica (Livorno) a quella adriatica (Rimini).
E il fatidico “overtourism” rappresenta una minaccia in piena regola. «Si verifica quando in una località si supera la capacità fisica o ecologica di accoglienza. E la minaccia non è solo per la sostenibilità dei luoghi, ma anche per la qualità della vita dei residenti», ha spiegato Raffaele Rio, presidente di Demoskopika. Che mette nel mirino anche la politica, soprattutto locale, per aver ignorato il fenomeno per decenni. Senza dimenticare che è lungo l’elenco delle città in cui il livello di rischio non solo esiste, ma è ritenuto alto: Aosta, Imperia, Savona, La Spezia, Milano, Trieste, Gorizia, Forlì-Cesena, Ravenna, Firenze, Grosseto, Roma. Luoghi splendidi, per abitanti e turisti. Forse fin troppo.