Se non è nucleare, è petrolio. Raramente dietro i più recenti conflitti che hanno insanguinato il mondo la questione energetica non ha giocato un ruolo determinante. Se il programma nucleare dell’Iran è stato il detonatore della guerra Israele-Iran, gli immediati effetti economici dei primi quattro giorni di bombardamenti ricadono sul mercato del petrolio. Ma andiamo con ordine.
Nucleare civile
L’Iran non sta “cercando di dotarsi” di armi nucleari: lo ha sostenuto oggi il presidente Masoud Pezeshkian, intervenendo di fronte al Parlamento di Teheran per denunciare l’offensiva militare e gli “assassinii” avviati da Israele venerdì. Cardiochirurgo e politico, 71 anni, eletto alla guida dello Stato nel luglio 2024, Pezeshkian ha affermato che gli iraniani “non sono aggressori” e ha sottolineato che il suo governo sta negoziando con gli Stati Uniti sul programma nucleare.
Secondo il presidente, l’Occidente sostiene che l’Iran non debba possedere tali armi, “mentre noi non abbiamo affatto intenzione di ottenerle”. Pezeshkian ha tuttavia detto che il Paese continuerà ad arricchire l’uranio per scopi energetici, affermando che l’Iran ha il “diritto di beneficiare dell’energia nucleare. In base alle politiche del leader della rivoluzione islamica, l’Iran non cerca armi nucleari”, ha aggiunto il presidente iraniano facendo riferimento alla fatwa della Guida suprema, Ali Khamenei, che nel 2003 ha proibito l’uso e la produzione di armi di distruzione di massa.
L’Iran: intervenga l’Aiea
La parte sotterranea del sito nucleare iraniano di Natanz non è stata colpita, secondo le informazioni a disposizione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) in seguito all’attacco condotto da Israele per impedire a Teheran di dotarsi di una bomba atomica. “Non ci sono stati ulteriori danni” dopo gli attacchi di venerdì che hanno distrutto gli edifici in superficie, ha dichiarato il direttore generale dell’agenzia delle Nazioni Unite, Rafael Grossi, all’apertura di una riunione straordinaria tenutasi oggi presso la sede centrale di Vienna, in Austria. “Non ci sono indicazioni di un attacco fisico alla sala sotterranea” che ospita il principale impianto di arricchimento dell’uranio, ha affermato.
Danni, invece, sono stati registrati a Isfahan, dove sono stati colpiti quattro edifici, tra cui il laboratorio chimico centrale, un impianto di conversione dell’uranio, un impianto di produzione di combustibile per il reattore di Teheran e un impianto per la trasformazione dell’UF4 in uranio metallico. Grossi ha inoltre riferito che non sono stati causati danni al sito di arricchimento del combustibile nucleare di Fordow né al reattore ad acqua pesante di Khondab, ancora in costruzione.
Intanto, l’Iran ha esortato l’Aiea a condannare Israele dopo gli attacchi contro i suoi impianti nucleari: “Gli impianti nucleari pacifici di un Paese che erano sotto la sorveglianza continua dell’Aiea sono stati attaccati. Ci aspettiamo (dall’agenzia e dal suo capo Rafael Grossi, ndr) che adottino una posizione ferma per condannare questo atto”, ha dichiarato il portavoce della diplomazia iraniana Esmail Baghai.
La via del petrolio
I recenti attacchi in Iran hanno poi colpito depositi di carburante e sollevato nuove preoccupazioni sulla stabilità dei flussi energetici globali. L’attacco sferrato da Israele ha fatto impennare i prezzi del greggio fino al 13% alimentando i timori per l’approvvigionamento dalla regione. Timori acuiti dalla dichiarazione del portavoce militare di Teheran, il generale Esmail Kosari, che ha annunciato che il governo iraniano starebbe valutando la chiusura dello Stretto di Hormuz, crocevia strategico per il 20% del traffico petrolifero mondiale.
Gli analisti hanno anche avvertito che il picco del prezzo del petrolio potrebbe far risalire l’inflazione a livello globale, infliggendo un duro colpo agli sforzi di lungo corso dei governi e delle banche centrali per tenerla sotto controllo e alimentando le preoccupazioni per l’impatto sulle economie già fragili.
“L’effetto a catena dell’aumento dei prezzi dell’energia è che rallenteranno la crescita e faranno aumentare l’inflazione”, ha affermato Tony Sycamore, analista di mercato presso IG. “Sebbene le banche centrali preferiscano ignorare un aumento temporaneo dei prezzi dell’energia, se questi rimangono elevati per un lungo periodo, potrebbero tradursi in un aumento dell’inflazione di fondo, poiché le imprese trasferiscono i maggiori costi di trasporto e produzione sui consumatori. Ciò ostacolerebbe la capacità delle banche centrali di tagliare i tassi di interesse per attenuare il rallentamento della crescita previsto a causa dei dazi del presidente Trump, aggiungendo un’altra variabile da considerare per la Fed quando si riunirà questa settimana per discutere i tassi di interesse”. Entrambi i principali contratti petroliferi hanno registrato un aumento dell’1% circa nelle contrattazioni asiatiche.
Allarme tedesco
Il presidente della Banca Federale Tedesca, Joachim Nagel, ha messo in guardia dai rischi di uno shock dei prezzi del petrolio legato al conflitto tra Israele e Iran, sconsigliando un allentamento della politica monetaria nell’eurozona, nonostante l’inflazione sia tornata al 2%.
Le conseguenze degli attacchi tra i due Paesi, intensificati questo fine settimana, “restano incerte”, poiché un conflitto prolungato “potrebbe causare un forte aumento dei prezzi del petrolio” e “ribaltare le nostre previsioni” di inflazione e crescita, ha affermato Nagel in un discorso a Francoforte. Anche i prezzi dell’oro sono tornati a salire verso livelli record grazie alla corsa ai beni rifugio, ma i mercati azionari hanno registrato andamenti contrastanti, tra le speranze che il conflitto non si estenda al Medio Oriente.
Rischio escalation
L’attacco di sabato con droni israeliani contro una raffineria strategica in Iran (il giacimento di gas di South Pars-North Dome) ha provocato una “potente esplosione” e un incendio nel sito, nel sud del Paese. Questo immenso giacimento, condiviso con il Qatar, è la più grande riserva di gas conosciuta al mondo. Fornisce circa il 70% del gas naturale consumato in Iran. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha affermato domenica che l’attacco mirava a “estendere la guerra oltre” l’Iran, aggiungendo che qualsiasi attività militare nel Golfo “potrebbe coinvolgere l’intera regione, se non il mondo intero”. Per il momento, Israele non ha preso di mira “gli impianti di esportazione di energia dell’Iran”, il che potrebbe significare che il Paese rispetta “il desiderio di Donald Trump” di abbassare i prezzi del petrolio, ha sottolineato Bjarne Schieldrop, analista di SEB. Il presidente Trump ha ripetuto più volte la sua volontà di far crollare i prezzi del petrolio e “sarebbe molto frustrante per lui vedere Israele iniziare a far saltare in aria gli impianti di esportazione dell’Iran”, spiega Schieldrop.