2 Aprile 2025
/ 27.03.2025

Israeliani, palestinesi, giordani: nasce il triangolo dell’ecopace

Il progetto prevede di scambiare l’energia verde prodotta in Giordania e a Gaza con l’acqua desalinizzata prodotta sulla costa israeliana. Di produrre energia elettrica verde per convogliarla in un hub a Gaza. Di realizzare una ferrovia elettrificata dalla costa del Golfo Persico alla Giordania e poi al porto israeliano di Haifa e a Gaza

L’hanno chiamato “il triangolo della pace”. E non a caso, perché loro sono una organizzazione che unisce ambientalisti israeliani, palestinesi e giordani che è nata nel 1994 e che si chiama “EcoPeace”. Perché, loro ne sono convinti, la pace in Medio Oriente devo passare anche dalla tutela dell’ecosistema e dallo sviluppo sì, ma sostenibile. Da un progetto come il “Triangolo della pace” che  ieri “EcoPeace” ha presentato ad istituzioni italiane, ad alcuni ricercatori e alla stampa.  

“Secondo la proposta del Triangolo della Pace-IMEC sviluppata da EcoPeace Middle East – spiega il think thank italiano ECCO che ha promosso l’incontro, supportato anche dal ministero degli Esteri – un piano di ricostruzione per Gaza dovrebbe essere integrato in iniziative di cooperazione internazionale più ampie ed esistenti, come l’IMEC, il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa”.

Firmato nel 2023 a margine del vertice del G20 a New Delhi da Stati Uniti, la Commissione Europea, Italia, Germania, Francia, Regno Unito, India, Arabia Saudita, India, Emirati Arabi Uniti e Giordania, l’IMEC prevede la creazione di un corridoio infrastrutturale dall’India all’Europa attraverso gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, Israele e la Grecia, facilitando il transito di beni e servizi, creando collegamenti tra le reti elettriche dei Paesi  e un nuovo gasdotto per l’esportazione di idrogeno verde verso l’Europa.

“Collegare questo ambizioso progetto diplomatico, economico e infrastrutturale alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese – sottolinea ECCO – contribuirebbe a creare un’integrazione regionale attraverso interdipendenza equilibrata tra Israele, un potenziale futuro Stato palestinese e i Paesi vicini”. “Quello che EcoPeace propone – osserva Giulia Giordano responsabile del programma mediterraneo di ECCO – è un progetto basato sulla sostenibilità, che darebbe benefici a molti livelli, compresa una riduzione delle emissioni climalteranti nel Medio Oriente che può essere stimata attorno al 20%”.

“Quello che proponiamo – spiega Nada Majdalani, direttrice palestinese di EcoPeace  – sono tre  progetti da integrare nel quadro delle iniziative IMEC. Il primo è l’inclusione di un futuro stato palestinese nel Progetto Prosperity, lanciato nel 2002 tra Israele, Giordania e UAE sulla base di una nostra proposta, per scambiare l’energia verde prodotta in Giordania con l’acqua desalinizzata prodotta sulla costa israeliana. Noi diciamo ora di produrre acqua desalinizzata anche a Gaza, e non solo in Israele. Il secondo progetto è quello di produrre energia elettrica verde in Medio Oriente, nell’area tra Giordania, Arabia Saudita e il Sinai per convogliarla in un hub energetico a Gaza da dove verrebbe in parte trasferita su cavo elettrico sottomarino verso l’Europa in parte usata per produrre Idrogeno, sempre da esportare verso il vostro continente. Terzo e ultimo progetto, realizzare una ferrovia elettrificata per trasportare merci dalla costa del Golfo Persico alla Giordania e da qui, con due terminali, al porto israeliano di Haifa e a Gaza”.

“Imec – sottolinea Gideon Bromberg, direttore israeliano di EcoPeace – è una opportunità geopolitica, ambientale ed ovviamente economica che va sfruttata appieno, integrando anche Gaza nel progetto. Dobbiamo fare in modo che i Paesi dell’area siano dipendenti dalla stabilità, perché senza stabilità non ci sono vere prospettive economiche per la regione. I fondi per l’assistenza saranno sempre di meno, l’Europa spenderà nei prossimi anni per riarmarsi mentre gli Stati Uniti hanno tagliato gran parte dei progetti di USAID. Dobbiamo trovare i fondi nel settore privato, non nei bilanci degli Stati. E sono convinto che questi fondi ci siano perché l’elettricità prodotta con il sole del Medio Oriente è molto meno cara di quella che si può produrre in Europa con la stessa tecnologia, e la ferrovia che taglierebbe la penisola araba consente tempi di transito delle merci ridotti del 40%. Usiamo le forze economiche per dotarci delle risorse che ci servono: è una strategia vincente per tutti”.

“Del resto _ conclude Bromberg _ ‘Unione Europea è nata dalla comunità per il carbone e l’acciaio: un’iniziativa economica nata nel 1951 tra Germania, Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussembrgo, dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale. Fu il primo nucleo di aggregazione europea. Proviamo a fare lo stesso con l’energia pulita, l’acqua e le merci”.

“Alla fine della seconda guerra mondiale – insiste Yana Abu Taleb, direttrice giordana di EcoPeace – chi avrebbe detto che la Francia e la Germania si sarebbero alleate e sarebbero diventati i motori di una poderosa aggregazione regionale che sarebbe diventata l’Unione Europea? Due nemici sono diventati partner economici e politici. Ci dicono che siamo dei sognatori ma, se non avremo il coraggio di osare, in Medio Oriente non cambierà nulla e continueranno sempre a prevalere gli estremisti di entrambe le parti. Non basta mandare aiuti umanitari a Gaza, non basta rimuovere le montagne di macerie e costruire qualcos’altro. Di sicuro non si può pensare di costruirci una riviera e altrettanto sicuramente non si può pensare di mandare via gli abitanti di Gaza. Bisogna creare un progetto di sviluppo sostenibile, che porti stabilità e sviluppo economico per i nostri popoli. Adesso la tregua è purtroppo per il momento finita ma noi non ascoltiamo chi ci dice che non è il tempo per progettare il futuro. Il tempo è prima che si prendano decisioni errate. Noi come società civile abbiamo il dovere di farlo. E ringraziamo l’Italia, il ministero degli esteri, e non solo, per il sostegno e l’ascolto”.

CONDIVIDI

Continua a leggere