19.11.2024
Negli ultimi dieci anni il numero delle casalinghe è sceso il doppio rispetto ai dieci anni precedenti. Sale invece il numero degli uomini casalinghi, ma non abbastanza. Il numero delle donne che si occupano della casa resta il 41,43% della popolazione adulta nel nostro Paese, mentre quella europea non va oltre il 29,8%. Il sondaggio.
La società sta cambiando a vista d’occhio, e il fenomeno riguarda anche le famiglie (incluse quelle mononucleari, sempre più frequenti) e la gestione della propria casa. Non stupisce perciò il fatto che il ruolo della casalinga resti certamente radicato nel tessuto italiano, ma sempre meno. Al contrario è in ascesa quello del casalingo: l’uomo che si occupa delle faccende domestiche, che la “tradizione” vorrebbe attribuire alle sole figure femminili.
In tal senso parlano chiaro i dati Istat. Già nel 2016 le donne Over 15 che si dichiaravano casalinghe risultavano in totale 7 milioni e 338 mila, in calo di 518 mila nel confronto con il 2006. Nel frattempo, questo numero è ulteriormente sceso, e in maniera importante: è infatti arrivato a quota 6,2 milioni nel 2023. Si noti che, rispetto alla precedente rilevazione, il tempo trascorso è di 7 anni invece di 10 e che le cifre sono scese di oltre un milione. Il doppio, circa, rispetto al precedente decennio.
Resta il fatto che l’Italia si è tutt’altro che messa alle spalle una tradizione che porta con sé il retaggio patriarcale della nostra società. Quegli stessi 6,2 milioni di donne casalinghe del 2023 rappresentano infatti il 41,43% della popolazione adulta di cittadine inattive. Gli uomini inattivi di pari età che si sono dichiarati casalinghi, nello stesso anno, arrivavano appena allo 0,009% del totale.
Da questo punto di vista l’Italia rimane uno dei fanalini di coda dell’intera Unione Europea (peggio va nella sola Romania). Sul nostro territorio le donne inattive sono il 42,3% dell’intera cittadinanza femminile: la media europea, da rilevazioni Eurostat, non va oltre il 29,8%. E ancora oggi incide in maniera molto severa il vetusto, ma mai realmente superato concetto di “angelo del focolare”. Tra le giovani casalinghe italiane (le Under 35), il 73% ammette di non cercare un lavoro per ragioni familiari. Soprattutto se in casa ci sono figli appena nati. Nonostante il cambiamento in corso, che è innegabile, l’Italia si conferma nettamente indietro anche per divario di genere: i dati Eurostat certificano che le donne del nostro Paese dedicano alle faccende domestiche in media oltre 5 ore ogni giorno, mentre gli uomini superano a stento le 2. Il gap raggiunge pertanto le 2 ore e 47 minuti: un numero superiore rispetto a quello di qualsiasi altro Stato membro dell’Unione europea.
La figura della casalinga, come ricorda un gruppo di ricercatrici di Adapt – Università di Siena, è frutto delle trasformazioni sociali e antropologiche provocate dallo sviluppo industriale: in precedenza uomini e donne contribuivano alla vita familiare con ruoli diversi ma integrati, con l’esplosione del lavoro in fabbrica la separazione anche fisica dei sessi ha in qualche modo determinato una spaccatura tra ambiente produttivo e domestico. La società sta però cambiando anche in questi decenni, con nuove esigenze (anche culturali) ed emergenze (si pensi all’invecchiamento della popolazione). Inevitabile adeguarsi, anche andando a contrastare quelle “tradizioni” così dure a morire.