16 Maggio 2024
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Salute

Italiani ognuno i propri organi

12.08.2023

I dati mostrano che gli italiani faticano a esprimere la propria volontà alla donazione degli organi dopo la morte. Questione culturale o forma di diritto?

La chirurgia dei trapianti progredisce rapidamente grazie a tecniche operatorie all’avanguardia, e promette di alimentare la speranza che possa crescere il numero dei relativi interventi salvavita. Ma perché ciò avvenga è necessario che,

in vita, si esprima la volontà di donare i propri organi. In Italia la normativa che regola la donazione di organi e tessuti post-mortem risale al 1999 (legge 91 del 1° aprile) e sancisce il principio del silenzio-assenso informato.

Secondo questo principio, sono considerati donatori coloro i quali esprimono la volontà positiva in merito alla donazione e non donatori quelli che invece esprimono parere negativo. Ciò nonostante, a distanza di quasi un quarto di secolo, vige ancora la fase transitoria, per cui viene adottato il principio del consenso o dissenso esplicito in base al quale, nei casi in cui il potenziale donatore non abbia espresso alcun parere in merito, i familiari hanno la possibilità di opporsi al prelievo di organi.

Il consenso alla donazione si può formalizzare iscrivendosi all’associazione italiana donatori organi (AIDO) e all’anagrafe comunale al momento del rinnovo della carta d’identità. Il Centro Nazionale Trapianti, in collaborazione con l’Università di Padova, ha condotto una ricerca per indagare sugli atteggiamenti e le percezioni riguardo alla donazione di organi, con l’obiettivo di sviluppare le strategie per incoraggiare il consenso. Secondo i dati del Sistema Informativo Trapianti (2022) la percentuale di chi ha espresso la propria volontà sulla donazione è solo del 55,3% e 8.022 pazienti sono ancora in attesa di trapianto.

«A dispetto di un atteggiamento generalmente positivo rispetto alla donazione di organi post-mortem, il numero delle espressioni di volontà è ancora troppo basso – spiega la professoressa Sabrina Cipolletta del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, autrice della ricerca promossa dal centro Nazionale Trapianti – Ci siamo chiesti cosa succede tra il dire e il fare. La ricerca ha permesso di individuare le maggiori resistenze alla donazione, quali le false credenze, il desiderio di mantenere l’integrità del corpo anche dopo la morte, alcune credenze religiose e la sfiducia nella scienza e nel sistema sanitario». Si tratta di superare la diffidenza nei confronti delle istituzioni sanitarie e sostenere la scelta individuale fornendo informazioni affidabili sul processo di donazione.

«L’importante studio effettuato in collaborazione con l’Università di Padova ha confermato che in termini generali esiste nel nostro Paese una favorevole attitudine alla donazione degli organi dopo la morte da parte dei cittadini, ma questo non sempre si accompagna ad una formale registrazione di una volontà positiva – aggiunge Massimo Cardillo, Direttore Centro Nazionale Trapianti – E’ necessario, da un lato, rendere più semplice la manifestazione di volontà in vita, e dall’altro informare sull’utilità dei trapianti e sul valore della scelta di donari i propri organi».

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