29.08.2023
Jack Markell, il cui arrivo è stato ratificato durante la presenza di Giorgia Meloni a Washington, diventa il nuovo ambasciatore USA in Italia. Il suo arrivo pone fine all’incresciosa situazione che ha spinto gli Stati Uniti a lasciare Roma con solo un incaricato d’affari per così tanto tempo. Un vuoto simbolico nelle relazioni tra i due Paesi, apertosi nel gennaio 2021 con la partenza di Lewis.
Dopo due anni e mezzo, c’è un nuovo ambasciatore USA in Italia. Si chiama Jack Markell ed è giunto a Roma in questi giorni, andando a colmare il vuoto simbolico nelle relazioni tra i due Paesi apertosi nel gennaio 2021 con la partenza di Lewis Eisenberg. Erano i giorni dell’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump e nessuno pensava che la sostituzione con un rappresentante più allineato con l’amministrazione Biden sarebbe andata per le lunghe. Da allora, in via Veneto si erano invece succeduti l’incaricato d’affari provvisorio Thomas D. Smitham, cioè il membro anziano dello staff diplomatico, e quello definitivo Shawn Crawley.
Nel sistema statunitense, gli ambasciatori possono essere tecnici del Foreign Service o personaggi vicini al governo. La prima tipologia prevale nelle sedi meno attrattive, dove c’è poco da divertirsi, molto da lavorare e forse qualcosa da rischiare. In quelle più significative, dove è importante che giunga la voce diretta del presidente, prevalgono politici, grandi donatori o altre figure non tecniche. Per tutti la Costituzione prevede che il Senato ratifichi i nomi proposti dal presidente.
Per il suo ruolo nel Mediterraneo, in parte ambiguo e in parte di cerniera, Roma ha spesso avuto ambasciatori di spessore, da Claire Booth Luce, una sorta di viceré negli anni più critici della Guerra fredda, all’intellettuale Richard Gardner in quelli del terrorismo. L’Italia è rimasta una sede importante anche quando l’evoluzione della scena internazionale ha spostato il baricentro verso altri attori e aumentato i contatti diretti e diluito l’impatto dei diplomatici sul territorio.
Per tutti questi motivi, l’Italia ha vissuto i 30 mesi senza ambasciatore come un segnale di minor considerazione da parte degli Stati Uniti, tanto più grave in considerazione del sostegno offerto in ogni circostanza. Se qualcosa ha pesato la sbandata filo-cinese e filo-russa di “Giuseppi” Conte, si potrebbe immaginare che proprio la volontà di recuperare il rapporto avrebbe dovuto portare a una sostituzione più rapida.
L’arrivo di Markell pone fine all’incresciosa situazione. Ex governatore democratico del Delaware, lo stato che Biden ha rappresentato al Senato per 37 anni, ex presidente della conferenza dei governatori, ex rappresentante permanente USA presso l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Markell è senz’altro vicino al presidente. Dal punto di vista dell’immagine, obbiettivo raggiunto.
In termini tecnici, l’analisi potrebbe essere diversa. Pur essendo tecnicamente solo un «incaricato d’affari», come diplomatico di carriera Crawley vantava un curriculum notevole: prima di Roma era stato infatti a lungo in Medio Oriente, capo missione a Bengasi, incaricato d’affari in Olanda e capo degli affari politici per l’Europa Occidentale. In questo senso, la sua scelta per sostituire Smitham indicava l’importanza attribuita all’Italia. Tanto più che Crawley era arrivato a Roma nei giorni di luglio 2022 nei quali finiva la parabola del governo Draghi. Con l’arrivo di Markell, ratificato negli stessi giorni in cui Giorgia Meloni era a Washington, si apre un capitolo nuovo. Buon lavoro, signor ambasciatore!