5 Giugno 2025
/ 3.06.2025

Kazakistan, via la plastica dalle montagne

Alle porte di Almaty, in una zona frequentata ogni estate da migliaia di visitatori, parte un progetto Unep per eliminare l’inquinamento da plastica delle montagne

Nel cuore delle montagne kazake, il paradosso è evidente: anche dove l’uomo è ospite raro, l’inquinamento da plastica è ormai presenza fissa. È questo lo scenario che ha spinto l’Unep – il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente – ad agire. Proprio alle porte di Almaty, nella popolare area montana di Ayusai, frequentata ogni estate da migliaia di visitatori, prende forma un progetto concreto per affrontare il problema: più raccolta, più riciclo, più consapevolezza.

Non è solo una questione estetica o turistica. Un sondaggio condotto su 146 guide di montagna e operatori di sport invernali ha rivelato che per il 63% di loro la plastica abbandonata è aumentata. Otto su dieci affermano di vedere regolarmente bottiglie e imballaggi sparsi nei sentieri. Una tendenza che conferma ciò che i numeri globali già raccontano: nel 2025 il mondo consumerà 516 milioni di tonnellate di plastica, ma solo il 9% sarà effettivamente riciclato.

Piccole infrastrutture, grande impatto

Il progetto “Plastic Waste in Remote and Mountainous Areas”, promosso dalle convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma e coordinato da Unep, parte da un dato di fatto: le aree remote, soprattutto montane, pagano un doppio scotto. Da un lato, sono meno attrezzate sul piano dei servizi; dall’altro, costi elevati di trasporto e condizioni climatiche dure rendono difficile lo smaltimento. Così la plastica resta. E si accumula.

Per rompere questo circolo vizioso, l’intervento ad Ayusai ha installato isole ecologiche differenziate (plastica, vetro, carta, alluminio) nei punti chiave del percorso. A supporto, nel centro visitatori è stato posizionato un compressore per ridurre il volume dei rifiuti e avviare micro-occupazione locale. Ma la novità più significativa è il collegamento diretto con Almaty: un hub di raccolta urbano riceve ogni giorno fino a 500 kg di plastica, avvicinando montagna e città in una filiera del riciclo che prima non esisteva.

La circolarità che viene dal basso

Il cambiamento non passa solo da contenitori colorati. Passa anche, e soprattutto, dalla partecipazione delle persone. “Ora la gente butta via i rifiuti nei contenitori giusti, oppure se li riporta a casa. Questo fa una grande differenza”, racconta Bakytbergyen, guida locale. Anche Gulzhan Kenzheqyzy, insegnante di fisica, lo nota: “Finalmente ci sono bidoni ovunque. Dopo aver bevuto da una bottiglia, puoi davvero scegliere di non inquinare. È un gesto semplice, ma potente”.

A sostenere questo cambio culturale c’è anche Ecosen, una piattaforma digitale che incentiva il riciclo attraverso un sistema a punti: più plastica consegni, più premi ecologici puoi ottenere. E quando la plastica raccolta arriva negli impianti della Zeta Company – azienda di arredamento con vent’anni di esperienza nell’upcycling – si trasforma in oggetti di uso quotidiano: sedie, fioriere, articoli per la casa. Tutti nuovamente riciclabili.

Una sfida globale che parte dai margini

Il progetto in Kazakistan è solo un tassello di una strategia più ampia: l’iniziativa copre 11 Paesi in quasi tutti i continenti, finanziata da governi europei (Francia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia) e agenzie di cooperazione. L’obiettivo è duplice: contrastare l’inquinamento e dimostrare che anche le aree dimenticate possono diventare laboratori di innovazione ambientale.

“Le zone montane come Ayusai vengono spesso trascurate nelle politiche sui rifiuti – spiega Aidai Kurmanova, responsabile Unep per l’Asia centrale – ma con il giusto supporto locale, possono essere protagoniste del cambiamento. È un modo per curare le ferite del paesaggio e restituirgli dignità”.

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