9 Settembre 2025
/ 8.09.2025

La Cina alla conquista degli abissi

Un team di ricercatori ha scoperto a sorpresa forme di vita a profondità estreme: non esemplari isolati, ma intere comunità. La capacità di studiare gli abissi rappresenta un vantaggio strategico: le tecnologie sviluppate potrebbero trovare applicazione in altri settori, dall’ingegneria dei materiali all’energia

È stato un viaggio nelle pieghe più remote del pianeta, dove la luce solare non arriva e la pressione è a livelli altissimi, quello compiuto da un team di ricercatori cinesi dell’Institute of Deep-sea Science and Engineering. Il gruppo, a bordo del sommergibile Fendouzhe – uno dei pochissimi veicoli al mondo in grado di spingersi fino a dieci chilometri di profondità e di resistere fino a dieci ore in immersione continua – aveva un obiettivo ambiziosissimo: esplorare le fosse oceaniche dell’Oceano Pacifico occidentale, uno dei luoghi più ostili e misteriosi della Terra. I risultati hanno superato ogni aspettativa.

Durante i 2.500 chilometri percorsi durante la spedizione, tra i 5.800 e i 9.533 metri di profondità, gli scienziati hanno documentato interi ecosistemi abitati da creature mai osservate prima. Le immagini mostrano distese popolate da vermi tubolari bianchi e appuntiti, lunghi fino a 30 centimetri, accanto a banchi di molluschi bivalvi simili a gigantesche vongole.

Organismi che vivono immersi nel buio più totale, in ambienti con pressioni fino a mille volte superiori a quelle che conosciamo in superficie. Eppure prosperano, e si adattano a condizioni che sembrerebbero incompatibili con la vita. “Devono avere qualche trucco per sopravvivere a queste pressioni estreme”, sottolinea sorpreso Mergan Du, uno dei membri del team.

Fino ad oggi, infatti, la presenza di animali a simili profondità era stata documentata solo sporadicamente. Nel 2023, per esempio, un gruppo giapponese aveva osservato un pesce lumaca a 8.360 metri sotto il livello del mare. Ma qui il dato sorprendente è un altro: non si tratta di singoli esemplari isolati, ma di intere comunità, fiorenti e ricche di biodiversità.

Una vita a metano

Il segreto di questa sorprendente abbondanza risiede in un processo chiamato chemiosintesi. A differenza della fotosintesi che sfrutta l’energia del sole, la chemiosintesi utilizza l’energia rilasciata da reazioni chimiche inorganiche, come quelle legate al metano che fuoriesce dai fondali marini. Il biologo marino Andrew Sweetman, della Scottish Association for Marine Science, spiega: “Questa scoperta dimostra, forse per la prima volta in modo così chiaro, che interi ecosistemi alimentati dal metano possono esistere nelle zone più profonde dell’oceano”.

Anche Roberto Danovaro, docente dell’Università Politecnica delle Marche ed ex presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn, conferma: “Il metano nelle fosse ultra-abissali è prodotto dal riscaldamento della materia organica presente sui fondali, un riscaldamento favorito dalla vicinanza della crosta terrestre al magma sottostante. È come se avessimo fatto una nuova spedizione sulla Luna e avessimo scoperto che c’è vita”.

Un risvolto geopolitico

Oltre al valore scientifico, la missione ha anche un risvolto geopolitico. Secondo Danovaro, infatti, questa spedizione è la dimostrazione della capacità tecnologica cinese, che fino ad oggi ha raggiunto risultati sorprendenti e record toccati solo dagli Stati Uniti. E la capacità di studiare gli abissi rappresenta un vantaggio strategico, in quanto le tecnologie sviluppate per resistere a pressioni estreme potrebbero, potenzialmente, trovare applicazione anche in altri settori, dall’ingegneria dei materiali all’energia.

 “Quello che abbiamo visto è stato davvero sorprendente. E, soprattutto per uno scienziato delle profondità marine, andare in un luogo che gli esseri umani non hanno mai esplorato è un privilegio”, commenta il ricercatore Xiaotong Peng. Dunque una domanda questa ricerca la alimenta: fino a dove può spingersi la vita?

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