26 Luglio 2025
/ 24.07.2025

La Corte Internazionale dell’Aia: combattere la crisi climatica è un obbligo

La Corte Internazionale di Giustizia ha emesso un parere storico: impone agli Stati l’obbligo legale di prevenire danni ambientali e proteggere i diritti umani nella lotta al cambiamento climatico. Un pronunciamento che rafforza la responsabilità dei governi, richiedendo azioni urgenti, cooperazione e riparazioni per i danni già causati. La decisione arriva poco dopo una sentenza analoga della Corte di Cassazione italiana

C’è una data che potrebbe entrare nei libri di storia del diritto internazionale: quella di oggi, quando la Corte Internazionale di Giustizia (Cig) ha emesso un parere consultivo che ridefinisce il rapporto tra Stati, diritto e crisi climatica. Un pronunciamento atteso da anni, chiesto da una coalizione di Paesi vulnerabili e attivisti climatici, che ora sancisce una verità giuridica finora solo invocata: gli Stati hanno il dovere legale di prevenire i danni ambientali e di proteggere i diritti umani dagli effetti del cambiamento climatico.

Si tratta del primo intervento ufficiale della Corte dell’Aia sul tema climatico, e le sue implicazioni potrebbero essere dirompenti. Perché se è vero che l’Accordo di Parigi ha segnato un punto di svolta nella diplomazia climatica, oggi il diritto internazionale ha fatto un passo in più: ha dato un volto concreto agli obblighi giuridici che i governi non possono più ignorare.

La richiesta era partita da Vanuatu

La richiesta alla Corte era partita da Vanuatu, piccolo Stato insulare del Pacifico da tempo in prima linea nella diplomazia climatica. Accanto a lui, altri Paesi vulnerabili, ma anche movimenti giovanili e organizzazioni della società civile, hanno partecipato a questa iniziativa che ha registrato un coinvolgimento senza precedenti, con 96 Stati e 11 organizzazioni internazionali che hanno presentato memorie scritte. Segno che la giustizia climatica non è più una battaglia di pochi, ma un’esigenza riconosciuta a livello globale.

Finora, le richieste di giustizia climatica erano rimaste spesso nel campo dell’etica, delle campagne, dei movimenti. Ma ora la Corte afferma nero su bianco che gli Stati devono agire in modo urgente, cooperare tra loro in buona fede e riparare i danni già causati. Non è una dichiarazione di principio: è una presa di posizione che poggia su basi giuridiche solide, con conseguenze concrete per chi deciderà di continuare a investire nei combustibili fossili o a rinviare l’azione climatica.

Un diritto umano fondamentale

Il diritto a un ambiente sano, pulito e sostenibile viene riconosciuto come un diritto umano fondamentale. Allo stesso tempo, gli Stati sono chiamati a regolamentare le attività delle imprese, anche quando i danni si verificano oltre i propri confini, e in caso di violazione sono previste forme di riparazione e compensazione, incluse quelle finanziarie. La Corte sottolinea inoltre che l’equità intergenerazionale deve guidare tutte le politiche climatiche, poiché le generazioni future hanno il diritto di essere protette. Un messaggio forte, che smonta l’alibi della responsabilità condivisa ma non vincolante: oggi non intervenire significa violare il diritto internazionale.

La decisione della Corte arriva all’indomani di un altro evento senza precedenti: la Corte di Cassazione italiana ha riconosciuto la legittimità dell’azione climatica intentata da Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadini. È la prima volta che la più alta corte italiana si esprime sul diritto alla giustizia climatica, e la sua pronuncia potrà avere impatto su tutti i contenziosi futuri nel nostro Paese.

L’inizio di una nuova era

“Questo è l’inizio di una nuova era”, ha commentato Danilo Garrido, consulente legale di Greenpeace International, “Il parere della Corte segna una svolta: chiarisce gli obblighi climatici internazionali e le conseguenze per chi li viola. Chi inquina deve smettere, e deve pagare”.

Sulla stessa linea anche Rebecca Brown, presidente del Center for international environmental law (Ciel), che ha sottolineato come in un’epoca segnata da disinformazione e inerzia politica questo parere riaffermi il ruolo del diritto internazionale come strumento essenziale per tutelare persone e pianeta.

Benché formalmente “consultivo”, il parere della Corte ha valore giuridico autorevole, il che significa che sarà tenuto in considerazione dai tribunali nazionali, dagli organi regionali e dalle istituzioni internazionali nelle cause climatiche future. Potrà inoltre orientare le negoziazioni politiche, fornendo una base giuridica vincolante alle azioni climatiche locali e globali. Non è più solo una questione di volontà politica. Ora è una questione di diritto.

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