25 Novembre 2025
/ 25.11.2025

La crisi climatica fa 14.500 morti all’anno in Italia

Seconda giornata del congresso dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente: ciò che rende la situazione ancora più preoccupante è l’interazione tra caldo e inquinamento

La crisi climatica e l’inquinamento non stanno “influenzando” la salute pubblica, la stanno riscrivendo da cima a fondo. Chi insiste a trattarli come due dossier separati, uno per gli ambientalisti e uno per gli epidemiologi, non ha capito che ormai giocano nello stesso campionato, e non è quello delle buone notizie. È questo il messaggio che arriva dalla seconda giornata del Congresso Isde Italia 2025.

Caldo estremo: quando la temperatura diventa un fattore di rischio clinico

Paolo Vineis, epidemiologo di fama internazionale, ha spiegato l’impatto dell’aumento delle temperature. In Italia provoca oltre 14.500 morti all’anno, il 2,3% della mortalità totale. E non si tratta solo degli anziani fragili: le ondate di calore colpiscono chi ha patologie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche. Colpiscono chi lavora all’aperto. Colpiscono chi vive in quartieri densamente costruiti, con poco verde e nessuna protezione termica.

L’ultima ondata europea ha triplicato la mortalità attribuibile al caldo, lasciando dietro di sé 1.504 decessi nelle grandi città del continente. È un dato che racconta un futuro che non possiamo più fingere di non vedere: eventi estremi sempre più frequenti, stagioni termiche dilatate, giornate tropicali in luoghi che non sono progettati per sopportarle.

Il caldo non colpisce mai da solo: apre la porta alle patologie croniche, indebolisce l’organismo, favorisce disidratazione, ischemie, scompensi cardiaci. La prova definitiva che la crisi climatica è ormai un determinante di salute tanto quanto dieta o fumo.

L’inquinamento atmosferico: l’emergenza sanitaria che respiriamo a ogni passo

Se il caldo è un colpo diretto, l’inquinamento atmosferico è un avvelenamento lento. E i numeri mostrati al Congresso non lasciano molto spazio alla fantasia. In Italia il particolato fine (Pm2.5) causa oltre 70.000 morti l’anno, cioè l’11,7% della mortalità complessiva. È come se ogni anno sparisse una città di medie dimensioni, per un problema considerato ancora troppo spesso un fastidio urbano più che un fattore di rischio clinico.

Le polveri sottili hanno effetti documentati su cuore, polmoni, vasi sanguigni, cervello. Peggiorano l’asma, aumentano le ischemie, destabilizzano le patologie cardiache. Sono associate a demenze, diabete, tumori. E, come ha ricordato l’Oms, colpiscono in modo sproporzionato bambini e anziani.

Samantha Pegoraro, intervenendo per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dato la dimensione globale del fenomeno: 7 milioni di morti ogni anno nel mondo, e il 99,9% della popolazione esposta a livelli di inquinamento oltre le soglie di sicurezza. Una cifra che, di per sé, vale più di qualsiasi dibattito politico.

Ma ciò che rende la situazione ancora più preoccupante è l’interazione tra caldo e inquinamento. A temperature elevate, infatti, l’aria si trasforma in una miscela più pericolosa: aumenta l’ozono, cambiano le reazioni chimiche, cresce la capacità delle polveri sottili di penetrare nei polmoni e nel sistema cardiovascolare. Risultato: un aumento netto delle morti per infarto, ictus e insufficienza respiratoria nei giorni torridi e inquinati.

Due crisi, un’unica causa (e un’unica soluzione)

Clima e inquinamento nascono dalla stessa radice: la combustione di combustibili fossili. Non è una coincidenza se i Paesi più dipendenti da carbone, petrolio e gas sono quelli che registrano sia i picchi di Pm2.5 sia le ondate di caldo più frequenti. E non è una coincidenza se le politiche che riducono le emissioni — rinnovabili, mobilità elettrica, efficienza energetica, città verdi — portano benefici sanitari immediati.

L’obiettivo lanciato dall’Oms alla Conferenza di Cartagena — ridurre del 50% gli impatti sanitari delle emissioni antropogeniche entro il 2040 — è la traduzione epidemiologica di ciò che serve per non ritrovarci con un sistema sanitario al collasso entro pochi decenni.

La salute come bussola climatica

Il filo rosso che ha attraversato la giornata è un cambio di prospettiva: la crisi climatica non è più un tema ambientale, ma sanitario. E se la salute diventa la metrica, allora le policy cambiano: la decarbonizzazione non è un sacrificio economico, è prevenzione. La mobilità elettrica non è una moda verde, è cardiologia preventiva. Le rinnovabili non sono un obiettivo geopolitico, ma un vaccino contro caldo e inquinamento.

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