26.01.2024
La Germania assiste al più lungo sciopero della sua storia, che è sulla via di dilagare in Francia, fino a contagiare l’Italia. Il mondo agricolo vive un grande disagio e si mobilita contro l’UE. Inevitabili i ritardi sulle catene di approvvigionamento già penalizzate da quanto accade nel Mar Rosso.
La Germania, abituata a fungere da metronomo dell’Unione Europea, non vive un inizio d’anno tranquillo, per la crescita ai minimi storici e le difficoltà del cancelliere Olaf Scholz. Le mobilitazioni, senza precedenti, si ripercuotono sulla quotidianità dei tedeschi e i riflessi economici non sono indolori. L’intero paese è praticamente paralizzato dal più lungo sciopero della sua storia, proclamato dai macchinisti dei treni della Deutsche Bahn, principale compagnia nazionale, che per sei giorni, fino alle 18 del prossimo 29 gennaio, hanno deciso di astenersi dal lavoro.
Il blocco del trasporto ferroviario, secondo le stime dell’Associazione Industriali tedeschi, si tradurrà in una perdita nell’ordine di un miliardo di euro. La richiesta formulata dal sindacato macchinisti delle locomotive riguarda la riduzione dell’orario lavorativo, da 38 a 35 ore settimanali, e l’adeguamento di circa 500 euro dello stipendio per compensare l’effetto dell’inflazione. Non poca cosa per la Germania di Scholz che si trova a perseguire la politica del risparmio, dal momento che il governo tedesco è chiamato a colmare un buco di 17 miliardi di euro nel bilancio.
L’agitazione impatta pure, e non poco, sulla mobilità delle merci europee e non solo sulla vita dei pendolari tedeschi. Inevitabili i ritardi sulle catene di approvvigionamento già penalizzate da quanto accade all’imbocco del Mar Rosso, con le navi sotto attacco degli Houthi yemeniti. Come non bastasse, sullo sfondo c’è la protesta del mondo agricolo, partita dalla Germania e dilagata in Francia, fino a contagiare l’Italia, dove già un quarto di secolo fa si protestava duramente contro le quote latte. Stavolta la mobilitazione è rivolta alle politiche agricole dell’Unione Europea: gli agricoltori tedeschi sono scesi in strada dopo che il governo, causa l’aumento della spesa pubblica generata dal conflitto in Ucraina, ha deciso di reintrodurre i tributi agricoli, eliminando i sussidi di cui il comparto godeva, in particolare per il carburante agricolo. Il provvedimento, varato dalla commissione parlamentare per il bilancio, è in attesa che il Bundestag lo metta nero su bianco, approvando il bilancio agli inizi di febbraio.
In Francia la protesta è partita dalle nuove tasse sui carburanti fossili, per estendersi ai viticoltori ormai in perenne crisi, che denunciano costi di produzione ben più alti di quanto riescano a ricavare dalla vendita dei loro vini.
Di ben altro tenore le proteste avviate in Italia contro le politiche agricole dell’Unione europea. È noto che il nostro Paese, insieme alla Francia e ad altri dieci Stati UE, ha chiesto una moratoria di 12 mesi su carne sintetica e cibi a base cellulare. Il Governo italiano si è mosso perché si tenga conto del costo di produzione rispetto al prezzo di vendita dei prodotti agricoli. Netta contrarietà alla regola comunitaria che introduce l’obbligo di tenere incolto il 4% dei terreni seminati sopra i 10 ettari. Ma a preoccupare gli agricoltori c’è la minaccia dovuta alla farina di insetti, al vino zuccherato, agli ortaggi provenienti dal nord Africa, coltivati – denunciano dalla Sicilia – con prodotti fitosanitari tossici. Le nuove regole, considerate dal mondo agricolo “gramigna legislativa”, profilano una difficile battaglia sul terreno Ue.