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La lezione del vincente, da Enzo Ferrari a Charles Leclerc

06.11.2023

Lo sfogo del monegasco dopo l’ennesimo ritiro senza proprie responsabilità è estremamente umano, ma va contro una storica, ferma convinzione di Enzo Ferrari.

Essere vincenti, nello sport, è frutto di una serie di fattori che devono combinarsi tra di loro. Se infatti negli scacchi talento e strategia possono da soli risultare decisivi, e nel lancio dei dadi ci si affida quasi esclusivamente alla sorte, è fatale che nello sport tali componenti servano tutte. Lo sa bene Charles Leclerc, vittima a Interlagos di un nuovo ritiro amarissimo e non dovuto a sue personali colpe, e che per la prima volta ha chiamato in causa la iella. Entità che, però, a Maranello qualcuno amava ripetere che nemmeno esiste: Enzo Ferrari in persona.

Eppure questa domenica la sensazione è stata quella del classico nuvolone nero che ancora una volta aveva deciso di accanirsi sul monegasco, un talento naturale che proprio non riesce ad esprimersi fino in fondo. In Brasile quasi miracolosa era parsa la sua prima fila al fianco dell’irraggiungibile Verstappen. Prima ancora di concludere il giro di formazione, però, eccolo contro le barriere dell’autodromo paulista. Motivo: guasto idraulico, gomme posteriori bloccate e quindi ingovernabili. E uno sfogo via radio con il muretto Ferrari che ha fatto il giro del mondo:

«Perché sono così sfortunato?».

Leclerc ha peraltro rincarato la dose, dichiarando a Sky tra ironia e amarezza: «Forse dovrei andare a Lourdes». Battuta che sui social è andata per la maggiore, tanto da indurre Ryanair a fingere di offrirgli il viaggio in questione. Ma quell’uscita del pilota del Cavallino, probabilmente, al Drake non sarebbe piaciuta.

Enzo Ferrari amava infatti ripetere una frase molto precisa: «Fortuna e sfortuna non esistono. Esiste solo l’incapacità dell’uomo di fare o prevedere». Un modo che l’uomo dietro al mito stesso del Cavallino utilizzava per non concedere alibi. Non solo a se stesso e ai suoi piloti, ma anche ai suoi tecnici quando non erano in grado di fornire a chi va in pista i mezzi adeguati per poter brillare.

Nella sua storia quasi centenaria la Ferrari ha conosciuto, attraversato e superato grandi fortune e colossali sfortune, a partire dai tanti, tragici lutti che l’hanno colpita (inclusi quelli dei parenti del Drake). Raramente essi erano però frutto del caso. Luigi Musso, Peter Collins, Wolfgang von Trips, Lorenzo Bandini, Gilles Villeneuve perirono a causa di fatali incidenti che avevano tutti una spiegazione. Jacky Ickx perse un mondiale per inaffidabilità della vettura, Michele Alboreto per una cattiva partita di turbine, Chris Amon per problemi tecnici magari inusuali ma tutti logici e giustificabili. Jean Alesi era noto per cercare sempre il limite delle sue monoposto, tanto da strapazzarle fino alla rottura proprio nelle domeniche meno adatte: quando era in testa.

Proprio questi ultimi due piloti, Amon e Alesi, vengono sempre più spesso messi a paragone con Leclerc. Forti, talentuosi, ma ahi loro iellati. Peccato che Enzo Ferrari avrebbe respinto una semplificazione del genere. Casomai avrebbe spinto Charles e gli attuali tecnici del Cavallino a individuare i problemi e trovare delle soluzioni, in modo da avere la meglio sulle difficoltà. Ignorando la sfortuna.

Credito fotografico: Ferrari, Wikimedia Commons

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