28 Aprile 2025
/ 28.04.2025

La missione ecologica di Francesco è appena cominciata. Così il conclave potrà continuarla

Undici dei ventidue cardinali papabili sposano la missione ecologica di Francesco (di fronte a 3 contrari e 8 incerti), considerandola un aspetto rilevante della missione della Chiesa

La definizione che, nella Laudato si’, Papa Francesco ha dato dell’ecologia – ecologia integrale – identifica anche la più generale visione del mondo espressa dai 12 anni del suo intenso pontificato. “Integrale” come strumento di integrazione, cioè l’opposto della disintegrazione. In altri termini, al pensiero ecologico Francesco ha assegnato la missione di riparare ciò che è spaccato, congiungere ciò che è disgiunto e non dovrebbe esserlo.
L’umanità disgiunta dalla natura, la grande ricchezza disgiunta dall’umanità, la tecnologia disgiunta dal senso della vita, la chiesa disgiunta dal mondo, le nazioni che tendono a ripiegarsi su sé stesse e chiudersi e combattersi.

L’ecologia integrale ha dunque anche un’accezione globale, che è quella di dover agire per la pienezza dell’essere umano e il dialogo tra la comunità mondiale. Poi, ovviamente, la cultura ecologica ha una valenza ambientale specifica, rispetto alla quale Papa Francesco ha toccato alcuni dei temi più critici dei nostri tempi (crisi climatica, perdita di biodiversità…), chiedendo di farne un impegno prioritario per credenti e laici.

Mai era accaduto che un pontefice dedicasse tanto spazio all’ambiente, anche sotto il profilo teorico. Lo ha fatto nella Laudato si’, con l’accento spostato da Genesi 1,28 (“Riempite la terra, soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che sulla terra si muove”) a Genesi 2,15 (“E Dio mise l’uomo nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse”) e sull’importanza di ogni granello di sabbia. Lo ha fatto nella Laudate Deum con il concetto di “antropocentrismo situato”, secondo il quale l’essere umano ha senso solo se inserito (“situato”) nel contesto del vivente.

Un pensiero dirompente perché rompe con la concezione biblica che la Terra non sia davvero casa nostra, che noi “siamo nel mondo ma non del mondo”, e mette in discussione secoli di storia e orientamento non-ecologico, secondo il quale se noi apparteniamo a un altro mondo e non a questo, se la Terra non è davvero il nostro posto, non c’è ragione di preoccuparci.

In un libro del 1989 (“Fondamenti di etica ambientale”) che ha fatto la storia dell’etica ambientale, il filosofo statunitense Eugene Hargrove ragiona sui motivi per cui i filosofi greci, sostenitori dell’Essere, non svilupparono un pensiero “ecologico”: per i greci, “il mondo dei fenomeni [il Divenire] non è distruttibile in quanto non esiste realmente, mentre il mondo che esiste realmente [l’Essere] è indistruttibile e immutabile”. Dunque, nota Hargrove, nell’uno e nell’altro caso non c’era da darsi pensiero.

La stessa cosa vale per la metafisica cattolica (ovvero biblica) dominante. La storia della Terra non è veramente storia. O meglio: è storia, è divenire, ma proprio per questo deve interessarci fino a un certo punto. È storia di un tempo e di un luogo che non sono il nostro tempo e il nostro luogo.

Papa Francesco non soltanto ha contestato questa visione ma l’ha capovolta, parlando della protezione della casa comune come di “una preoccupazione” e “una sfida urgente”. Un fatto addirittura essenziale. “Unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”.

Una parte del cattolicesimo ha violentemente respinto l’ecologismo di Papa Francesco e considerato la Laudato si’, al pari dell’Amoris Laetitia (l’esortazione sui temi dell’amore nella famiglia), come un tradimento della dottrina, una deviazione dalla retta via. Il mondo cattolico ha però anche conosciuto una notevole mobilitazione ambientalista, con la nascita di un movimento per la Laudato si’, l’educazione ambientale nelle parrocchie, l’impegno concreto per l’ambiente, il diffondersi della cultura ecologica a vari livelli.

Missione compiuta? Assolutamente no. Missione appena iniziata. Le cui difficoltà sono grandi quanto la Chiesa cattolica, con la sua massa di fedeli, le gerarchie, le tradizioni e le mentalità consolidate, ma grandi anche quanto l’opportunità data da 1,4 miliardi di fedeli che potrebbero prendere sul serio la preoccupazione ambientale e trasformarla in azione. Dicendo a sé stessi e agli altri che, dovunque siamo domani, oggi siamo qui, nel mondo, e il mondo ha bisogno di cura.

La portata della sfida, per chi non lo avesse capito, è di questo livello. 1,4 miliardi di persone da coinvolgere in una cultura che fino a ieri è stata in gran parte estranea, astrusa se non malvista.

Ora, la morte di Papa Francesco e la spaccatura nella Chiesa aprono interrogativi sul futuro anche di questo tema, a cominciare, ovviamente, dall’esito dell’imminente Conclave e della posizione che avrà il nuovo papa.

I vaticanisti Diane Montagna ed Edward Pentin hanno individuato 22 cardinali papabili, mostrandone anche l’orientamento su 10 argomenti cruciali (dal diaconato femminile alla revisione dell’Humanae Vitae, dalla messa tradizionale alla comunione ai divorziati), tra cui la questione ecologica, che i vaticanisti definiscono “Focusing on climate change” pur riferendosi alla sensibilità ambientale in genere.

I segni positivi sulla casella ambientale sono 11. Significa che 11 dei 22 cardinali papabili sposano la questione ecologica (di fronte a 3 contrari e 8 incerti), considerandola un aspetto rilevante della missione della Chiesa e dunque del papato che verrà dopo Francesco.

Sono il sudafricano Brislin, l’ungherese Erdo, il singalese Patabendige Don, il francese Aveline, lo svedese Arborelius, il congolese Besungu, il birmano Bo, gli italiani Parolin e Zuppi e il filippino Luis Antonio Tagle, quest’ultimo tra i candidati più forti a succedere a Bergoglio anche – ma certamente non solo – per via dell’età (68 anni).

È proprio dalla posizione di Tagle che si capisce quanti passi avanti siano stati compiuti. Oratore principale al Forum della Laudato si’, Tagle è “sostenitore fervente dell’enciclica e ha sottolineato l’importanza di ascoltare il grido della Terra e di combattere l’antropocentrismo fuorviante” (Montagna e Pentin). “Scienza ed etica devono lavorare assieme – scrive Tagle a proposito dell’enciclica – e devono aiutarci ad ascoltare il grido dei poveri e il grido della Terra”.

Se dunque la componente ecologista tra i papabili non è da poco, l’avversione dei cardinali Sarah e Burke, acerrimi nemici di Bergoglio e di ogni progressismo ecclesiastico e non, rappresenta tra i papabili e nel Conclave in genere il vasto movimento antiecologista internazionale, cresciuto con il diffondersi della cultura ambientale e diventato aspro, durissimo con l’entrata del mondo nella fase della transizione ecologica.

Detto per inciso: è a questa rappresentanza, antiecologica e antiprogressista, che si è presentato il vice presidente americano J.D. Vance incontrando il papa. L’incontro, io credo, è servito a dire alla chiesa antiprogressista: noi ci siamo, siamo con voi. La pensiamo come voi. Vi sosteniamo. Rappresentateci.

Vedremo. Tuttavia, la contesa non sarà soltanto nel Conclave o nella Chiesa ma anche e soprattutto nella società, tra le organizzazioni e la gente.

Sarebbe allora di grande importanza che la società, le organizzazioni ambientaliste, i gruppi, gli istituti nati in seguito alla Laudato si’ ed ogni altro soggetto interessato si attivassero e, ad esempio, promuovessero un grande evento per i 10 anni dell’enciclica e gli 800 anni del Cantico delle Creature, che ancora non ha avuto luogo.

Sarebbe altresì importante che un’entità come l’Assisi Nature Council, istituto/associazione della città di Francesco, rinascesse e rilanciasse la propria attività, trovandosi nel centro del mondo – appunto Assisi – per quanto riguarda la relazione tra chiesa cattolica e natura. Dunque, avendo un potenziale di visibilità e fascino davvero grande.

Ma di grande importanza sarebbe anche che tutti coloro che hanno a cuore la questione ecologica facessero qualcosa in più. Dessero un segno forte del coinvolgimento, facessero vivere concretamente l’ecologismo nell’impegno generale, nelle agende della politica, nei pensieri, nelle parole, negli atti quotidiani. Vorrebbe dire che lo sforzo fatto finora non è stato vano. Varrebbe come un appello a che il cammino intrapreso non si interrompa e meno che mai torni indietro.

E’ un cammino necessario, doveroso ma anche bello, che deve proseguire. Il pensiero ecologico costituisce una cultura tanto della preoccupazione quanto della gioia. La Terra grida di dolore, certo, ma è anche un coro di bellezza, di suoni, di luce, di varietà della vita, di canti degli uccelli, di occasioni per un abitare migliore, più armonico, sereno, soddisfatto e giusto. Integrazione contro la disintegrazione. A diventare ecologici non c’è da perdere, se non in termini di squilibri e privilegi. C’è da stare meglio, da guadagnare.

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