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La nascita dei Corpi Civili di Pace e lo sguardo al futuro

08.11.2024

I Corpi Civili di Pace sono un’iniziativa avviata nel 2014 che coinvolge giovani italiani in azioni di costruzione della pace e risoluzione dei conflitti attraverso la cooperazione e la non violenza. In attesa del bando per la quarta annualità dei progetti, il CNESC e gli attori coinvolti chiedono concretezza e stabilizzazione.

 

Su quali potrebbero essere gli scenari futuri dei Corpi Civili di Pace (CCP) si è riflettuto nel corso dell’ultimo seminario della Conferenza Nazionale Enti del Servizio Civile, che si è concluso lo scorso 16 ottobre a Roma e che aveva come titolo “Corpi Civili di Pace: dopo la sperimentazione, quale ruolo per il futuro?”. Ad accendere e motivare il quesito è l’attuale assetto stesso dei CCP, la cui istituzione, in via sperimentale, risale a dieci anni fa.

I CCP sono nati nel 2014 nell’ambito del Servizio Civile, la cui gestione è del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale. L’organizzazione dei CCP e la definizione degli ambiti di intervento sono disciplinate da un decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel 2015 (GU n.115 del 20/05/2015). In esso si legge che i campi d’azione nei quali sarà realizzato l’intervento sono: «il sostegno ai processi di democratizzazione, di mediazione e di riconciliazione; il sostegno alle capacità operative e tecniche della società civile locale; attività umanitarie, inclusi il sostegno a profughi, sfollati e migranti, il reinserimento sociale degli ex-combattenti, la facilitazione dei rapporti tra le comunità residenti e i profughi, sfollati e migranti giunti nel medesimo territorio; educazione alla pace; il sostegno alla popolazione civile che fronteggia emergenze ambientali, nella prevenzione e gestione dei conflitti generati da tali emergenze». Le azioni dei contingenti del CCP sono pensate e realizzate all’interno di progetti in aree di conflitto o a rischio di conflitto e in aree di emergenza ambientale, sia in Italia che all’estero, e mirano al raggiungimento della pace attraverso azioni non armate e non violente. I progetti sono diventati operativi nel 2017 e fino a oggi sono state concluse tre annualità, che hanno coinvolto poco meno di quattrocento giovani.

Di fatto, l’esperienza dei CCP italiani rappresenta un’opportunità per i giovani di dare un loro contributo in territorio europeo ed extraeuropeo nella costruzione di scenari di pace, attraverso pratiche azioni di cooperazione, dialogo, promozione dei diritti, mediazione. Durante il seminario tenutosi nelle scorse settimane, la Presidente del CNESC, Laura Milani, ha mirato il suo intervento verso un aspetto in particolare: la necessità di «superare il concetto di sperimentazione» e puntare a una «stabilizzazione». Nel suo discorso, Milani richiama a quanto è contenuto nella Risoluzione n. 2250 “Giovani, Pace e Sicurezza” dell’ONU, sostenendo che «(la Risoluzione) sollecita il Dipartimento a potenziare sempre più la partecipazione dei giovani nella costruzione della pace e l’esperienza dei CCP colloca il nostro Paese all’avanguardia in tal senso». La Risoluzione (pubblicata nel 2015), infatti, riconosce il potenziale ruolo dei giovani nei contesti di peacebuilding e invita i Paesi membri al coinvolgimento di questi soggetti nei processi di decision-making e di intervento. All’appello di Milani, si sono uniti gli altri attori coinvolti nella sperimentazione, come le Organizzazione e gli Enti promotori, e i molti giovani che hanno appena concluso il loro servizio come CCP e che nel corso del seminario hanno testimoniato la propria esperienza, evidenziandone il valore civile e sociale.

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