22 Ottobre 2025
/ 22.10.2025

La sostenibilità? Ripassare dopo il 2030

Il rapporto dell’ASviS fotografa una situazione di difficoltà. Gli indici relativi all'Italia mostrano un peggioramento rispetto all'anno precedente per sei Obiettivi su 17 e un aumento solo per tre

La sostenibilità? Ripassare dopo il 2030. Molto dopo. È di una chiarezza illuminante il decimo rapporto 2025 dell’Asvis, galassia di 330 ong che hanno un stesso approccio e la visione di un responsabile scientifico del calibro del professore Enrico Giovannini. Il rapporto  fotografa un mondo attraversato da crisi multiple e da un preoccupante arretramento sul piano della “pace, della giustizia e della tutela dei diritti, pilastri imprescindibili dello sviluppo sostenibile” e registra quello che va, poco; quello non va, troppo; e quello che non muta, ed è la maggioranza.

Un’Italia in retromarcia sugli obiettivi dell’Agenda 2030

Nell’ultimo anno, dice il rapporto, gli indici relativi all’Italia mostrano un peggioramento rispetto all’anno precedente per sei Obiettivi su 17 e un aumento solo per tre; quelli per l’Unione Europea si riducono in quattro casi su 16, ma migliorano significativamente in tre casi; a livello globale solo il 18% dei Target dell’Agenda 2030 sarà raggiunto, mentre guerre, crescenti disuguaglianze e instabilità geopolitiche minano i progressi compiuti finora.

Rispetto al 2010 l’Italia peggiora per sei Obiettivi (sconfiggere la povertà; acqua pulita e servizi igienico-sanitari; ridurre le disuguaglianze; vita sulla Terra; pace, giustizia e istituzioni solide; partnership) ed è stazionaria per altri quattro (sconfiggere la fame; salute e benessere; imprese, innovazione e infrastrutture; città e comunità sostenibili). Miglioramenti limitati si rilevano in sei casi (istruzione di qualità; parità di genere; energia pulita e accessibile; lavoro dignitoso e crescita economica; lotta contro il cambiamento climatico; vita sott’acqua). Un forte aumento si rileva solo per l’economia circolare.

Dei 38 Target specifici analizzati, solo undici (il 29% del totale) sono raggiungibili entro il 2030, mentre ventidue (58%) non verranno raggiunti. Anche l’Unione Europea, un tempo leader della sostenibilità, mostra forti disomogeneità e presenta miglioramenti significativi rispetto al 2010 solo per cinque Obiettivi (energie rinnovabili, lavoro, imprese e innovazione, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico) e regressi su disuguaglianze, ecosistemi e cooperazione internazionale.

Dei 19 target specifici analizzati a livello Ue, 11 (il 58%) sono raggiungibili e sei (32%) non potranno essere conseguiti, una situazione sostanzialmente opposta a quella italiana. Il rapporto evidenzia le contraddizioni tra gli impegni assunti a livello multilaterale e le politiche concrete dell’UE, in particolare l’aumento delle spese militari, la revisione al ribasso di alcune norme ambientali e sociali e il rischio di indebolire la posizione dell’Unione europea a livello globale.

Guerre, disuguaglianze e crisi climatiche: il mondo si allontana dalla sostenibilità

Viviamo una stagione molto difficile. L’instabilità geopolitica e i conflitti armati (sono 59 quelli attivi nel mondo, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale) hanno determinato quasi 50 mila vittime civili nel 2024, con un aumento di circa quattro volte del numero di decessi di bambine, bambini e donne nel biennio 2023-2024 rispetto al periodo precedente, concentrati soprattutto a Gaza. La spesa militare ha raggiunto il livello record di 2.700 miliardi di dollari e potrebbe più che raddoppiare entro il 2035. Il numero di persone forzosamente sfollate ha superato 123 milioni, aumentando del doppio in dieci anni per effetto di guerre e cambiamenti climatici.

Parallelamente, i fondi destinati al sistema delle Nazioni Unite sono diminuiti del 30% in due anni, impattando sulla vita di oltre 30 milioni di persone. Il costo annuale del servizio sul debito per i Paesi in via di sviluppo è al massimo storico (1,4 miliardi di dollari). Nonostante questo quadro drammatico, la diplomazia internazionale ha continuato a muoversi: il “Patto sul Futuro” del 2024 e “l’Impegno di Siviglia per la finanza allo sviluppo”, approvato nel 2025 da oltre 150 Paesi, rappresentano segnali di un rinnovato impegno per la pace, la tutela dei diritti e la sostenibilità.

“L’Italia, e non da oggi, non è in una condizione di sviluppo sostenibile”, sottolinea il direttore scientifico dell’Asvis, Enrico Giovannini, “e i conflitti e le tensioni geopolitiche non aiutano, ma, come ha notato il Presidente Mattarella, oggi la sostenibilità viene percepita più come un fastidio che un investimento sul futuro. Purtroppo, è così, ma si tratta di un gravissimo errore. L’Italia continua a non dotarsi di politiche adeguate, mentre l’Europa sta facendo scelte errate e sta perdendo quel ruolo di guida nel campo della sostenibilità che aveva assunto negli ultimi anni. Come segnalato già l’anno scorso, la mancanza di una strategia post-Pnrr pone il nostro Paese in una condizione di estrema fragilità economica, sociale e ambientale e lo stesso Governo prevede che le politiche attuali non cambieranno nulla nei prossimi anni in termini di povertà, disuguaglianze ed emissioni di gas climalteranti. Ecco perché l’Asvis propone interventi innovativi e robusti, nonché una profonda revisione del Piano Strutturale di Bilancio (Psb), per puntare a riforme e investimenti che portino il Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile”.

L’attuazione dell’Agenda 2030 non appare centrale nel disegno delle politiche pubbliche “Ciononostante, l’Italia ha ancora l’opportunità di trasformare gli impegni che ha assunto a livello internazionale in politiche capaci di incidere sulla vita delle persone”, ha ribadito la presidente dell’Asvis, Marcella Mallen. “Penso, ad esempio, alla Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig), proposta dall’Alleanza da circa un decennio ed ora in discussione parlamentare, volta ad analizzare gli effetti ambientali, sociali ed economici di lungo termine delle politiche pubbliche sulle giovani generazioni”.

Riforme urgenti e nuove leve per invertire la rotta

Per imprimere un vero cambio di rotta, l’Asvis propone di attivare cinque “leve trasformative” (governance, capitale umano, finanza, cultura e partnership) e intervenire su sei “aree strategiche”: salute, istruzione e competenze, con il rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale e un’educazione inclusiva; un’economia sostenibile e inclusiva, che favorisca lavoro dignitoso e riduca le disuguaglianze, anche di genere; sistemi alimentari resilienti e un’agricoltura sostenibile, con particolare riguardo a giovani e donne; la decarbonizzazione e l’accesso universale all’energia, incentivando rinnovabili ed efficienza energetica; città sostenibili, rigenerazione urbana e adattamento climatico; tutela dei beni comuni ambientali, in attuazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione riformati, su proposta dell’Asvis, nel 2022, con l’approvazione di una legge sul clima.

Tra le numerose proposte illustrate nel Rapporto, rientrano quelle volte a migliorare la partecipazione democratica e contrastare i fenomeni di erosione della fiducia delle cittadine e dei cittadini nelle istituzioni e nella democrazia rappresentativa. Dal Rapporto emergono con chiarezza le linee d’azione da intraprendere, ma è necessaria una riforma complessiva della governance nazionale dello sviluppo sostenibile e la definizione urgente del Piano per l’Accelerazione Trasformativa (Pat) che, nel settembre del 2023, il Governo italiano si è impegnato in sede Onu a definire per accelerare il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030. Il Pat va sviluppato assicurando coerenza tra obiettivi, risorse e tempi di attuazione, integrando i due principali strumenti strategici nazionali già esistenti, cioè la Snsvs e il Psb. La parola è al governo e all’Europa, presenti alla presentazione del rapporto con il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e con il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Raffaele Fitto.

“In un momento estremamente complicato”, ha detto Pichetto Fratin, “è giusto fare un’analisi come quella odierna. Eravamo prima in un contesto diverso, in un quadro geopolitico diverso. Abbiamo davanti un percorso di adattamento. Dobbiamo adattarci anche rispetto al ritmo, a livello mondiale e dell’Unione Europea, per raggiungere gli obiettivi. Nessuno vuole mettere in discussione gli obiettivi del 2030 o l’obiettivo della decarbonizzazione nel 2050. Quello che dobbiamo fare è accompagnare tutto questo a quelle altre visioni che stanno avanzando. A Cop30 puntiamo a confermare i passi in avanti fatti, e per il resto stiamo lavorando su molti fronti. Ad esempio abbiamo definito le linee del Piano sociale per il Clima che prevede uno stanziamento di 9 miliardi e 300 milioni che va sul fonte della decarbonizzazione e agisce anche sul fronte sociale perché una quota del fondo è destinata proprio ai soggetti più vulnerabili”.

La speranza è migliorare un po’ il rating dell’Italia nell’Agenda 2030. Visto quanto fatto finora dei governi che si sono succeduti, non dovrebbe essere impossibile.

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