31.08.2023
Quarant’anni di amicizia e duecentouno lettere. La storia di Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI è stata tradotta in uno spettacolo teatrale. All’anagrafe erano Angelo Giuseppe Roncalli e Giovanni Battista Montini. Secondo il cardinale Joseph Ratzinger, poi Benedetto XVI, erano “Simili e diversi”.
Il loro rapporto era forte e sincero come la fede nella tonaca che indossavano. Si sono conosciuti negli anni Venti del secolo scorso e da allora non si sono mai lasciati. Uniti dallo stesso destino fino alla fine, l’uno ha raccolto l’eredità dell’altro. L’uno bergamasco, l’altro bresciano, sono nati come Angelo Giuseppe Roncalli e Giovanni Battista Montini, ma il mondo e la storia li ricordano come Papa Giovanni XIII e Papa Paolo VI.
Nell’arco delle loro vite si sono inviati duecentouno lettere: la prima del 1925, scritta da Montini a Roncalli, e l’ultima datata 25 maggio 1963, inviata da Montini, diventato arcivescovo di Milano, all’amico Roncalli, giunto quasi alla fine del suo pontificato. Tra i due c’era una grande stima reciproca, ma anche qualcosa di più: Roncalli, di sedici anni più grande, finì per diventare il padre spirituale del futuro Paolo VI.
Le duecentouno lettere compongono un tesoro epistolare custodito in diversi archivi, come quello dell’ex segretario di papa Roncalli, cardinale Loris Francesco Capovilla, successivamente trasferito presso la Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo; quello dell’Istituto Paolo VI di Concesio e della Diocesi di Milano. Pagine di vita scritte in giro per il mondo: sei messaggi furono scritti da Istanbul dove Roncalli ha vissuto come delegato apostolico di Turchia e Grecia, e ben sessantaquattro furono inviate tra il 1944 il 1953 tra Roncalli, nunzio a Parigi, e monsignor Montini.
Il destino – o il disegno divino, come probabilmente avrebbero preferito dire i due Papi – ha voluto che il più giovane seguisse le orme del più anziano. Convocato subito dopo la morte di Papa Giovanni XIII, il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, diventava il nuovo Pontefice il 21 giugno 1963, eletto da ottantadue cardinali.
Paolo VI si è ritrovato a capo di un’eredità complessa segnata dal Concilio Vaticano II, in cui tutti i vescovi del mondo discussero i rapporti tra la Chiesa e la società del tempo. Iniziato l’11 ottobre del 1962, il Concilio durò fino al 1965: ancora oggi rappresenta il più grande sforzo della Chiesa Cattolica di riformarsi nel segno della modernità. Da questo punto di vista, i due pontificati, quello di Giovanni XIII e di Paolo VI, furono nel segno della continuità, caratterizzati dalla volontà di fortificare il dialogo con la società civile.
È innegabile che si tratti di una storia unica, di fede, affetto e coraggio. Una storia degna di un film, direbbero alcuni. L’incredibile vicenda è stata raccontata domenica 27 agosto nel Duomo di Bergamo Alta attraverso “Due uomini”, spettacolo firmato da Luca Doninelli, scrittore, professore di storytelling all’Università Iulm di Milano e vincitore di due Premi Selezione Campiello, e prodotto dal Teatro de Gli Incamminati. A narrare i fatti è stato il noto attore Massimo Popolizio, anche regista teatrale e doppiatore, vincitore di sei premi UBU e tre Nastri d’argento.