Lo spopolamento delle aree interne non è più un fenomeno marginale, ma una tendenza strutturale che minaccia interi territori. Secondo le proiezioni entro il 2043 l’82% dei Comuni italiani vedrà diminuire la popolazione, con punte drammatiche nel Mezzogiorno. E nel frattempo, dal 2002 al 2022, quasi 330 mila giovani laureati hanno lasciato le zone interne per trasferirsi nei grandi centri urbani o all’estero.
In questo quadro che sembra segnato, l’Alta Sabina prova a cambiare il finale della storia. Dieci sindaci riuniti in una Green Community hanno firmato a Roma il Contratto Energia, Clima e Società, una roadmap di rinascita che punta a ripopolare il territorio del 5% entro il 2035. L’atto, al centro dell’evento ospitato a Roma allo spazio WeGil, rappresenta la traduzione concreta dell’Atlante per il Futuro, il nuovo strumento di pianificazione che guida un piano di investimenti da 12 milioni di euro.
Un laboratorio per le aree interne
L’Alta Sabina parte da un dato: qui lo spopolamento corre 14 volte più veloce della media nazionale. Eppure, questo territorio custodisce risorse naturali che valgono molto più di quanto si pensi. Foreste, acqua, servizi ecosistemici e paesaggio generano ogni anno 134 milioni di euro di benefici collettivi, mentre per proteggerli basterebbe investire meno dell’1% di quel valore.
Su questi presupposti si costruisce il progetto IN. Alta Sabina, una strategia integrata che unisce energia pulita, gestione idrica, mobilità di prossimità, innovazione digitale, inclusione sociale e filiere agricole resilienti. L’obiettivo è rendere questi Comuni attrattivi per chi vuole restare, tornare o trasferirsi.
La trasformazione parte dal basso
Il centro operativo del nuovo modello è suddiviso in 15 ambiti progettuali. Sul fronte energetico, la comunità punta su impianti fotovoltaici distribuiti, su un sistema di gassificazione e cogenerazione da biomassa locale e su una rete integrata di ricarica elettrica che collegherà tutti i Comuni. È un disegno che fa leva sull’autoconsumo, sulla resilienza e su una gestione condivisa dell’energia.
La gestione delle acque è un altro snodo decisivo: fitodepurazioni, raccolta delle piogge, recupero delle sorgenti e una valutazione sistematica dei servizi ecosistemici che potrebbe aprire la strada a futuri sistemi di pagamento per chi tutela il territorio.
Una parte importante dell’innovazione corre sul digitale. Una piattaforma civica integrerà dati territoriali e ambientali, permettendo l’uso di smart contract e di una moneta virtuale locale che premierà le attività svolte a beneficio della comunità: dare un passaggio, aiutare un anziano, coltivare erbe officinali condivise. Un modo per rafforzare i legami sociali e attivare microeconomie locali.
La comunità come infrastruttura
Un altro pilastro riguarda l’inclusione: tutor digitali per gli over 65, percorsi di partecipazione, Green Ambassador formati per garantire leadership diffusa. La tecnologia non sostituisce il capitale umano: lo abilita.
Sul fronte agricolo, la filiera della lavanda diventa un esempio di rigenerazione dei terreni marginali, mentre il caso pilota “Esodi e ritorni” prova a costruire modelli replicabili di contrasto allo spopolamento. A Rocca Sinibalda nascerà un hub comunitario in legno per attività agricole e formative.
I promotori insistono su un punto: le aree interne non sono periferie, ma infrastrutture naturali delle città. Roma e Rieti, ad esempio, beneficiano ogni giorno dei servizi ecosistemici garantiti dalla gestione forestale e idrica dell’Alta Sabina. Il contratto propone di trasformare questo rapporto in una corresponsabilità, superando la logica delle mere compensazioni.
“Per decenni abbiamo pensato che delle idee di prodotto, processo o dei servizi innovativi ci potessero illuminare come epifanie e si potessero diffondere come virus, magari attraverso ingenti investimenti in comunicazione promozionale, influencer o la forza di legami deboli”, dichiara Elena Battaglini, sociologa del territorio, progettista e direttore scientifico della strategia. “Il Contratto territoriale Energia, Clima e Società 2026-2035 vuole invece dimostrare che non è così: puntare al cambiamento di pratiche e di modelli di comportamento che possano contrastare l’esodo demografico, richiede il rinforzo di esperienze condivise, di nuove regole e, soprattutto, di fiducia”.
Un modello pilota per Italia ed Europa
“Il Contratto territoriale Energia, Clima e Società è tra i primi del suo genere in Italia. È un documento che traccia le nostre priorità politiche e i programmi condivisi tra tutte le amministrazioni coinvolte”, aggiunge Stefano Micheli, sindaco di Rocca Sinibalda, Comune capofila del progetto. “Noi amministratori lo abbiamo voluto per dare forza alla Green Community, un vero e proprio laboratorio di innovazione capace di rendere più attrattivo il territorio. Il nostro obiettivo è quello di fornire una risposta sistemica e interistituzionale alle due grandi emergenze che colpiscono le aree interne: l’emergenza climatica e lo spopolamento”.
L’Atlante per il Futuro infatti non è solo una strategia locale: è pensato come modello replicabile per le aree interne italiane ed europee. Misurazione degli impatti, tecnologie digitali, blockchain, governance condivisa, valutazione continua tramite dashboard pubblica: elementi che inseriscono l’esperienza dell’Alta Sabina nel panorama più avanzato delle politiche territoriali.
La firma collettiva dei sindaci è solo il primo passo. Ora comincia la parte più difficile: far vivere la strategia, portare a casa risultati misurabili, trasformare la narrazione della marginalità in un racconto di opportunità. Se funzionerà, l’Alta Sabina potrebbe diventare la dimostrazione che le aree interne non sono condannate al declino, ma possono tornare protagoniste del futuro del Paese.
