L’Artico sta cambiando profondamente per effetto dell’aumento della temperatura globale della Terra. Nella zona artica boreale (ABZ) – che include tundra priva di alberi, foreste boreali e zone umide su una superficie di 26 milioni di chilometri quadrati che si estendono in Russia, Scandinavia, Canada, Groenlandia ed Alaska – sta avvenendo una mutazione significativa.
Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change e guidato da Anna Virkkala, del Centro di ricerca climatica Woodell, negli Stati Uniti, ha scoperto che il 40% di questa area è diventato una fonte di carbonio: emette più anidride carbonica nell’atmosfera di quanta ne assorba. Una svolta netta rispetto al suo ruolo di serbatoio di carbonio svolto per migliaia di anni.
“La regione boreale artica”, ha detto Anna Virkkala, “è nota per essere un serbatoio di carbonio organico del suolo. Carbonio che veniva assorbito, facendone un importante ‘sink’, un pozzo di anidride carbonica fondamentale per gli equilibri globali. Questo sta cambiando. Sebbene abbiamo scoperto che molti ecosistemi del nord agiscono ancora come pozzi di anidride carbonica, gli incendi stanno ora annullando gran parte di questo assorbimento netto e invertendo tendenze di lunga data. Siamo preoccupati che parte dello stock di carbonio del suolo sarà rilasciata come CO2”.
L’elemento fuoco è effettivamente cruciale nel modificare le dinamiche: i ricercatori hanno scoperto che gli incendi boschivi stanno diventando più frequenti e impattanti nella zona artica boreale. Le statistiche mostrano che tra il 2001 e il 2020, se si considerano gli incendi boschivi, il 40% dell’ABZ ha emesso più CO2 di quanta ne abbia assorbita, si scende al 34% se non si consideravano gli incendi boschivi.
Tutto ciò si aggiunge al progressivo scioglimento dei ghiacci sulle aree emerse come la Groenlandia (importante perché una loro fusione, a differenza di quella dei ghiacci marini, va ad aumentare il livello degli oceani). Secondo il servizio geologico nazionali per la Danimarca e la Groenlandia (GEUS), nel 2024 la calotta glaciale della Groenlandia ha perso circa 80 gigatonnellate di ghiaccio.
“Nella stagione di scioglimento 2024”, spiega il ricercatore capo Andreas Ashotom, “abbiamo visto meno scioglimento del solito dalla superficie del ghiaccio, a causa delle grandi nevicate a luglio e agosto, ma di contro più iceberg del solito sono stati scaricati dai ghiacciai che confluiscono nei fiordi. Pertanto, il ghiaccio è diminuito complessivamente per il 28esimo anno consecutivo. Questo continuo restringimento è preoccupante”.
Non va meglio per i ghiacci se si prendono i dati satellitari. “L’11 settembre 2024”, ha fatto sapere l’autorevole NSIDC dell’università di Boulder in Colorado, “il ghiaccio marino artico ha raggiunto la sua estensione minima annuale di 4,28 milioni di chilometri quadrati. Il minimo del 2024 è il settimo valore più basso nei quasi 46 anni di registrazione satellitare. Gli ultimi 18 anni, dal 2007 al 2024, sono state misurate le 18 estensioni di ghiaccio marino più basse nella registrazione satellitare”.
Dal 2007, il minimo del ghiaccio marino artico, spiegano all’NSIDC, è sceso sotto i 5 milioni di chilometri quadrati (1,93 milioni di miglia quadrate) ogni anno, fatta eccezione per il 2009, il 2013 e il 2014, quando l’estensione ha appena superato il limite dei 5 milioni di chilometri quadrati. Estensioni così basse sarebbero state difficili da immaginare negli anni ’90, quando l’estensione era in media di 6,46 milioni di chilometri quadrati (2,49 milioni di miglia quadrate). Questa nuova normalità persistente e le relative perdite della maggior parte del ghiaccio vecchio e spesso sono caratteristiche importanti del nuovo Artico più caldo, con una copertura di ghiaccio sempre più bassa.
E chi vuole sfruttare l’Artico se ne rallegra. Nei recenti colloqui di Riad, Russia e Stati Uniti hanno infatti discusso anche di una possibile cooperazione sui progetti energetici nell’Artico: lo ha riferito a Politico l’oligarca russo Kirill Dmitriev, ceo del fondo sovrano di investimento russo (Rdif) e membro della delegazione di Mosca ai colloqui. “È stata più una discussione generale, forse per lavorare progetti congiunti nell’Artico. Sì, abbiamo discusso specificamente dell’Artico”. Già. Perché con la deglaciazione in atto i peggiori progetti diventano possibili, non solo il transito di navi da trasporto ma anche la trivellazione in cerca di gas e petrolio e il prelevamento di risorse minerarie dai fondali del gelido ma non profondo oceano artico.