21 Giugno 2025
/ 20.06.2025

“Le bugie sul clima sono un crimine”

C’è una campagna di disinformazione climatica pervasiva e ben pagata per far crescere l’ondata populista, xenofoba ed ecoscettica. Il rischio è che le democrazie rappresentative vengano travolte. L’Onu chiede leggi più severe

L’ultimo episodio è la fake news che ha attribuito al solare la colpa del recente blackout in Spagna. Ma non si tratta più di semplici bufale isolate. La disinformazione climatica è diventata un sistema organizzato, capillare, strategico, ben sovvenzionato. Un’arma usata consapevolmente per rallentare la transizione ecologica e per proteggere interessi economici e politici in conflitto con le soluzioni necessarie a difendere l’abitabilità del pianeta. È questa, in sintesi, la denuncia contenuta nel rapporto appena pubblicato dall’International Panel on the Information Environment (Ipie) e rilanciata dal Guardian: la manipolazione dei contenuti sul clima rischia di trasformare la crisi ambientale in catastrofe.

Lo studio, che ha analizzato oltre 300 ricerche scientifiche, mostra come la disinformazione sia passata dalla negazione del cambiamento climatico – oggi meno efficace perché smentita dai dati e dalla realtà quotidiana – a una strategia più sottile ma altrettanto pericolosa: screditare le soluzioni, seminare dubbi sulle energie rinnovabili, alimentare paure economiche e sociali, usare il greenwashing come foglia di fico per continuare con il business as usual.

Secondo l’Ipie, la narrazione tossica si è evoluta: non si nega più che il pianeta si stia scaldando, ma si insinuano dubbi. Magari la colpa non è così grave, si suggerisce. E se anche fosse grave da chi dipende, forse da me? cosa conto io? perché devo pagare io?

E così il primo passo è fatto. Il secondo passo è l’omissione sistematica delle varianti positive della transizione ecologica. Già chiedersi perché devo pagare io è una trappola. La domanda giusta è: come posso guadagnarci io impegnandomi nella transizione? Come posso difendere meglio il mio benessere e quello della mia famiglia? Come posso trovare un lavoro migliore?

L’esito positivo non è una certezza, ma una possibilità concreta. Come in tutte le transizioni, il processo è aperto a vari esiti. Una transizione equa per le persone ed equa per l’ambiente è però a portata di mano. In questa variante non solo le persone economicamente e socialmente più deboli non vengono danneggiate, ma al contrario ottengono vantaggi. Ad esempio sostituendo un modello energetico rigido e verticale con uno flessibile ed orizzontale in cui le comunità energetiche conquistano spazio e dividono al loro interno una parte dei guadagni.

Questa possibilità, spinta dalla necessità di rispondere alla violenza della crisi climatica e all’impoverimento crescente, potrebbe rapidamente guadagnare spazio e diventare un’onda potente. Per chi controlla l’economia fossile si tratta di un rischio mortale. Perciò reagisce investendo molto e bene in una disinformazione sistematica che semina calunnie.

Il Guardian sottolinea il ruolo attivo di grandi compagnie fossili e di attori politici, in particolare dei partiti populisti di destra, nel diffondere messaggi distorti. La disinformazione, dice il rapporto, è spesso finanziata e coordinata: viene amplificata da media compiacenti, propagata da influencer negazionisti e diffusa da bot e troll organizzati. In alcuni casi, dietro ci sono vere e proprie operazioni di disinformazione legata a poteri economici localizzabili, come quelle attribuite a gruppi legati alla Russia. Ma non si tratta solo di propaganda esterna: i paesi occidentali, spiega l’Ipie, sono ampiamente coinvolti, con partiti xenofobi come l’AfD in Germania o Vox in Spagna che fanno della retorica anti climatica un pilastro elettorale.

È importante sottolineare come questa strategia lavori a un doppio livello. Prova a intervenire sui decisori, ma se trova di fronte a sé tecnici o persone informate non riesce a sfondare. Per questo è determinante l’altro canale. Creare confusione tra gli elettori, alimentare il cinismo e campagne di odio, scoraggiare l’impegno. Quando le persone si convincono che “tanto è tutto inutile” o che “tanto è tutto un affare per pochi”, i populisti hanno vinto. E il negazionismo arriva nei Parlamenti.

Il web dà una mano a questa involuzione perché è sapientemente (e lautamente) pilotato. Gli algoritmi premiano l’estremismo, il fact-checking viene scoraggiato, la realtà evapora.

Comunque non è detto che il tentativo di sabotare la democrazia rappresentativa e riflessiva a favore delle autocrazie muscolari riesca. A livello globale, si moltiplicano le iniziative per contrastare le fake news climatiche. Il Brasile, che ospiterà la COP30, ha proposto una risoluzione Onu per affrontare il problema della disinformazione sul clima come questione di sicurezza globale. La relatrice speciale delle Nazioni Unite Elisa Morgera parla di “defossilizzazione” dell’informazione e chiede di considerare un atto criminale la disinformazione sul clima e il greenwashing messi in atto dalle grandi compagnie fossili. In Europa, il Digital Services Act inizia a dare strumenti concreti per chiedere conto alle piattaforme digitali. Il rapporto propone anche di bandire la pubblicità delle compagnie fossili, come già avvenuto per tabacco e alcol, e di inserire l’educazione all’informazione climatica nei programmi scolastici.

La battaglia per il clima si gioca anche nel modo in cui tutti noi raccontiamo la realtà. E in cui tutti noi scegliamo chi vogliamo che rappresenti il nostro futuro.

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