27 Novembre 2025
/ 27.11.2025

Le cinque stagioni del cervello

Una nuova analisi, condotta su oltre 3.800 individui, ha rivelato che lo sviluppo del cervello non è un declino lineare, ma è scandito da diverse fasi che ridefiniscono l'architettura delle reti neurali

Una nuova analisi condotta su oltre 3.800 individui ribalta l’idea tradizionale di un cervello che cresce, raggiunge un picco e poi declina lentamente. Il lavoro, pubblicato su Nature Communications, mostra invece che lo sviluppo cerebrale segue un percorso scandito da quattro età-cerniera, momenti di svolta in cui l’architettura delle reti neurali cambia direzione. Le soglie cruciali sono 9, 32, 66 e 83 anni: quattro coordinate, all’interno di cinque fasi della vita cerebrale, che ridisegnano la geografia del cervello e il modo in cui le informazioni vengono elaborate.

Il grande riordino dell’infanzia

Il primo snodo appare intorno ai 9 anni. In questa fase il cervello completa il massiccio processo di selezione delle connessioni: le più deboli vengono eliminate, quelle utili si rafforzano, mentre la materia bianca — le “autostrade” della comunicazione neurale — continua a maturare. È una fase di compressione e affinamento che coincide con l’avvio della pubertà, proprio quando inizia ad aumentare la vulnerabilità a diversi disturbi psichiatrici.

Il picco assoluto di efficienza

Il secondo spartiacque è il più potente dell’intero arco della vita.  A 32 anni il cervello raggiunge la massima integrazione globale: le reti comunicano nel modo più efficace, le informazioni scorrono più facilmente tra regioni distanti e la materia bianca si trova nel suo stato ottimale. È il momento di massima riorganizzazione interna, più intenso e profondo che in qualsiasi altra età. Da qui in poi l’integrazione tra le aree declina gradualmente e le regioni cerebrali tornano a specializzarsi.

La lunga stabilità adulta

Dopo il picco, il cervello entra nella fase più stabile della sua esistenza. I cambiamenti rallentano e si assestano, riflettendo un periodo di equilibrio cognitivo e psicologico che caratterizza gran parte dell’età adulta. Le reti locali si consolidano, mentre quelle a lungo raggio perdono leggermente efficienza senza però compromettere la funzionalità complessiva. Non è immobilità, ma una forma di manutenzione ordinaria: un insieme di piccoli aggiustamenti che preservano le competenze acquisite.

L’accelerazione della compartimentazione

A 66 anni avviene un nuovo cambio di rotta. Le singole misure delle reti neurali non mostrano variazioni drastiche, ma l’organizzazione complessiva sì: aumenta la modularità, ovvero la tendenza del cervello a funzionare per compartimenti, con gruppi di aree fortemente connesse tra loro ma meno comunicanti con regioni distanti. Questa crescente specializzazione riflette il declino accelerato della materia bianca e coincide con l’aumento dei disturbi tipici dell’età avanzata, come demenze, ipertensione e fragilità vascolari.

Quando la relazione si indebolisce

L’ultima soglia, superati gli 83 anni, è la più difficile da interpretare. La relazione tra età e struttura cerebrale si attenua: molte metriche non seguono più un andamento lineare o riconoscibile, e solo alcune misure locali mantengono una debole correlazione con l’età. È possibile che questo risultato rifletta più un limite del campione che un fenomeno biologico: gli ultraottantenni coinvolti sono pochi e generalmente in buona salute, fattori che rendono più difficile trarre conclusioni solide.

Cinque epoche, non un declino lineare

Da queste quattro età-cerniera emergono cinque stagioni della vita cerebrale: quella della selezione e del riordino tipica dell’infanzia (0-9 anni), quella dell’ottimizzazione crescente che dura dai 9 ai 32 anni, quella della stabilità che caratterizza la lunga età adulta (32-66 anni), quella della compartimentazione che si apre intorno ai sessantasei anni e si snoda fino agli 83 anni e, infine, quella dell’indebolimento delle relazioni strutturali oltre gli 83 anni. Lo sviluppo del cervello non segue dunque una retta discendente, ma attraversa metamorfosi successive, ciascuna con logiche proprie.

Cosa implica per la ricerca e per noi

La scoperta del picco a trentadue anni fornisce un nuovo riferimento sulla massima efficienza cerebrale. Ma soprattutto suggerisce che prevenzione e interventi non debbano essere pensati come un’unica corsa contro il declino, bensì calibrati sulle fasi di maggiore vulnerabilità. L’idea che il cervello sia un organo dinamico e discontinuo emerge con forza: continua a reinventarsi molto più a lungo di quanto immaginassimo.

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