8 Ottobre 2025
/ 7.10.2025

Le imprese europee difendono le regole green: “Il vero danno è l’incertezza”

È quanto emerge da un sondaggio condotto da YouGov su 2.500 dirigenti di cinque Paesi UE. In Italia il 60% considera la sostenibilità ambientale un fattore chiave per la competitività

Mentre a Bruxelles si discute di ammorbidire le norme sulla sostenibilità aziendale, arriva un segnale in controtendenza proprio dal mondo produttivo. Le imprese europee non vogliono meno vincoli ambientali, ma più chiarezza e stabilità. È quanto emerge da un sondaggio condotto da YouGov per il think tank E3G su 2.500 dirigenti di cinque Paesi UE: la transizione ecologica, per la maggioranza degli intervistati, è un’opportunità economica, non un ostacolo.

Italia in prima linea

In Italia, dove sono stati intervistati oltre 500 manager, il 60% considera la sostenibilità ambientale un fattore chiave per la competitività. Tre su quattro chiedono che le grandi aziende siano obbligate a dotarsi di piani di transizione climatica, opponendosi così alle proposte di rendere questi strumenti facoltativi o addirittura di eliminarli.

E sulla soglia di rendicontazione — cioè sul limite di dimensione aziendale oltre il quale scattano gli obblighi di trasparenza — le imprese italiane mostrano un orientamento sorprendente: il 37% vorrebbe fissarla a 250 dipendenti, contro i 1.000 proposti dalla Commissione europea. In altre parole, chiedono di essere coinvolte di più, non di meno.

“È una questione di competitività di lungo periodo”, spiega Daniele Ciatti, Policy Advisor di E3G. “Le imprese hanno capito che la transizione verde è inevitabile. Cercano regole chiare per gestirla, non scorciatoie che rischiano di lasciarle indietro nella corsa globale all’economia pulita”.

Regole forti, mercati più solidi

La convinzione che la rendicontazione ambientale porti benefici è diffusa: quasi sei manager italiani su dieci ritengono che comunicare regolarmente i dati ESG (ambientali, sociali e di governance) aiuti ad attrarre investitori. Solo l’8% è di parere contrario. La percentuale sale al 68% tra le medie e grandi imprese europee, segno che la trasparenza è ormai vista come una leva strategica più che un fardello burocratico.

Per Ciatti, il rischio è che il cosiddetto “Pacchetto Omnibus” — con cui la Commissione intende semplificare le regole — si trasformi in “un tentativo affrettato di smantellare le norme sulla sostenibilità con il pretesto della semplificazione, senza neppure consultare le imprese”.

L’Europa come bussola

Il 73% dei manager italiani vuole che l’Unione europea continui a essere un punto di riferimento globale per gli standard ambientali. Solo il 5% la pensa diversamente. Oltre la metà (52%) è convinta che regole comuni e rigorose possano dare all’Europa un vantaggio competitivo duraturo rispetto a Stati Uniti e Cina.

Eppure, l’incertezza normativa pesa. Quasi un’azienda italiana su due (44%) ammette di aver rinviato investimenti in attesa di capire quale sarà il futuro delle regole europee. Nelle imprese di dimensioni maggiori, il dato sale al 63%.

Con il Parlamento europeo che si appresta a discutere il pacchetto Omnibus nelle prossime settimane, il messaggio che arriva dal mondo produttivo è netto: servono regole stabili e ambiziose, non marce indietro. 

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