11 Luglio 2025
/ 11.07.2025

Le nostre città si tingono di verde, ma l’aria resta ancora grigia

Il cammino a ostacoli della sostenibilità urbana in Italia visto attraverso la lente del rapporto Istat Ambiente Urbano. Tra segnali positivi e criticità ambientali persistenti, crescono il verde urbano e gli impianti fotovoltaici. La qualità dell’aria resta lontana dagli standard Oms e la mobilità sostenibile registra andamenti altalenanti. Un bilancio in chiaroscuro figlio delle contraddizioni delle politiche urbane

Camminando oggi per le vie di molte città italiane, è facile notare piccoli segni di cambiamento: nuove piste ciclabili colorate, autobus silenziosi e moderni, aiuole più curate, alberi da poco piantati. Piccoli segnali che raccontano un’Italia urbana che sta cercando, faticosamente, di diventare più sostenibile. Ma basta alzare lo sguardo verso l’orizzonte e respirare a pieni polmoni per rendersi conto che, purtroppo, l’aria è ancora la stessa: pesante, carica di polveri sottili, e lontana dagli standard di salubrità raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

È questa la fotografia che emerge dal più recente rapporto dell’Istat sull’ambiente urbano (dati 2023): un’Italia delle città in evoluzione, che fa passi avanti sul fronte del verde pubblico, della mobilità sostenibile e delle energie rinnovabili, ma che ancora stenta ad affrontare con efficacia i grandi problemi strutturali, a partire dall’inquinamento atmosferico.

Più autobus ecologici, ma troppi ancora vecchi

Una delle notizie più positive riguarda il trasporto pubblico: nel 2023 la domanda è tornata ai livelli pre-Covid. Significa che le persone hanno ricominciato a usare autobus, tram e metropolitane, dopo anni in cui lo smart working e la paura del contagio avevano svuotato i mezzi.

Anche la qualità dei veicoli è migliorata: oltre la metà degli autobus urbani è ora a basse emissioni o a zero emissioni, con una crescita notevole nei veicoli elettrici e ibridi. Tuttavia, molti autobus – soprattutto nel Sud – sono ancora vecchi, inquinanti e poco efficienti: circa 4 su 10 hanno più di dieci anni.

Le piste ciclabili ci sono, ma non dappertutto

Un altro dato interessante è quello sulla rete ciclabile: in Italia, oggi, i Comuni capoluogo contano oltre 5.700 km di piste ciclabili, con un aumento costante anno dopo anno. Le città del Nord sono in netto vantaggio – Padova e Bergamo superano i 200 km per 100 km² – mentre nel Mezzogiorno si pedala ancora su marciapiedi e carreggiate, spesso senza protezioni né continuità.

Verde urbano: tanto a parole, poco nei fatti

Il verde urbano è il cuore pulsante del benessere cittadino. Parchi, giardini, alberi lungo le strade migliorano la qualità dell’aria, raffrescano le estati roventi e offrono spazi di socialità e salute. Ebbene, secondo il rapporto Istat, in media ogni cittadino dispone di 33,3 metri quadrati di verde urbano, ma solo 18,9 metri quadrati sono realmente accessibili. E il divario territoriale è enorme.

In città come Verbania, Trento o Gorizia si supera abbondantemente quota 100 metri quadrati pro capite, mentre in altre – Messina, Crotone, Siracusa, Genova – si fatica a raggiungere i 9 metri quadrati minimi previsti per legge. Non basta piantare alberi: servono piani, manutenzione, e la volontà di restituire spazio pubblico alle persone, sottraendolo al cemento.

Le nuove foreste urbane

Una buona notizia è che la forestazione urbana sta diventando realtà: 62 città italiane hanno avviato o concluso interventi per creare veri e propri boschi urbani. Si tratta di milioni di metri quadri di nuovi alberi, soprattutto nel Nord, grazie anche ai finanziamenti del PNRR e alla legge Clima del 2019.

A Torino, Milano, Roma, Venezia, Cagliari e Bari si sta puntando su queste “infrastrutture verdi” per combattere l’inquinamento e l’effetto isola di calore. Un esempio virtuoso che però resta ancora troppo isolato: solo un Comune su dieci ha un vero Piano del Verde, lo strumento che dovrebbe guidare la progettazione e gestione degli spazi naturali in città.

L’aria resta la grande malata

Eppure, malgrado questi progressi, l’aria che respiriamo continua a essere il grande punto dolente. I dati parlano chiaro: in 81 città su 90 monitorate, le concentrazioni di polveri sottili (PM2,5) superano i limiti fissati dall’OMS, con punte preoccupanti in molte città del Nord – Padova, Verona, Brescia, Lodi, Bergamo. Anche il biossido d’azoto, derivante soprattutto dal traffico, è fuori norma in quasi tutte le grandi città: Milano, Torino, Roma, Firenze, Palermo sono tra le peggiori.

Il problema, ormai, è cronico. Le misure adottate – zone a traffico limitato, stop temporanei alle auto – non bastano. Servirebbero interventi strutturali, ridisegno degli spazi urbani, incentivi per la mobilità elettrica e per il riscaldamento sostenibile. Ma tutto questo richiede tempo, risorse e soprattutto coraggio politico.

Case green, una sfida inevitabile

A complicare – o forse rafforzare – il quadro ambientale delle città arriva anche la Direttiva europea sulle “Case Green”, approvata nel 2024, che impone ai Paesi membri l’obiettivo di rendere tutti gli edifici residenziali a emissioni zero entro il 2050. In Italia, dove il patrimonio edilizio è tra i più vecchi d’Europa (oltre il 60 per cento degli edifici ha più di 50 anni), la direttiva ha suscitato accesi dibattiti.

Molti Comuni capoluogo, soprattutto nei centri storici, dovranno affrontare costosi interventi di riqualificazione energetica. Se ben applicata, però, la direttiva può rappresentare una svolta: meno gas per il riscaldamento, più energia solare, meno dispersione termica. Tradotto: città più efficienti, meno inquinate, più vivibili.

Secondo il Cresme, l’efficientamento energetico degli edifici potrebbe ridurre fino al 30 per cento delle emissioni urbane, generando anche centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro nel settore delle costruzioni e dell’energia.

Meno gas, più sole

Sul fronte energetico si registra un dato interessante: i consumi di gas naturale sono crollati dell’11 per cento, mentre aumenta il peso dell’elettricità, anche grazie a un crescente numero di impianti fotovoltaici. Nel 2023, la potenza installata nei capoluoghi è cresciuta del 17,5 per cento, con una produzione netta in aumento del 7,7 per cento. Un buon segnale verso l’autosufficienza energetica e la decarbonizzazione.

Ma anche qui le differenze territoriali sono notevoli. Il Sud produce più energia da fotovoltaico, grazie al sole, ma ha ancora scarsi consumi elettrici. Al contrario, nel Nord si consuma tanto ma si produce meno.

Più differenziata, meno sprechi

Infine, una nota su un tema sempre caldo: i rifiuti. La buona notizia è che nei Comuni capoluogo la quantità pro capite è diminuita (533 kg all’anno per abitante, contro i 556 del 2019). La raccolta differenziata è in crescita, anche se resta ancora sotto la soglia del 65 per cento imposta dalla legge in moltissime città, soprattutto del Sud. Le eccezioni? Trento, Treviso, Parma, Bologna, dove si superano anche il 75 per cento.

Il dossier Istat racconta città che cambiano, a volte lentamente, a volte in modo deciso. Ma la transizione ecologica, per essere credibile, ha bisogno di visione, investimenti mirati e partecipazione attiva dei cittadini. I fondi del Pnrr, la nuova legge Ue sulla restaurazione della natura, le direttive su aria e rifiuti offrono strumenti importanti.

Servono però politiche più coraggiose, coordinamento tra livelli di governo, piani urbani aggiornati (20 Comuni non lo fanno da oltre 20 anni!) e soprattutto una nuova cultura urbana della sostenibilità. Perché è proprio nelle città – dove vive un italiano su tre – che si gioca il futuro dell’ambiente, della salute e della qualità della vita.

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