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Cronaca, Società

Le origini del calo demografico

05.08.2024

I fattori che incidono sul crollo delle nascite sono molteplici, ma il dato che sta all’origine di tutto resta quello economico. I costi e la scarsità dei posti disponibili negli asili nido costringono molte mamme italiane a rinunciare alla propria carriera o a ridurre significativamente le ore lavorative per potersi occupare dei figli.

Il crollo demografico nel nostro Paese è ormai un dato di fatto. E spesso la voce del popolo, soprattutto quello social, fa presto a trovare un colpevole: i giovani. Giovani che, a detta loro, sono egoisti, pensano solo a se stessi e non hanno più voglia di fare sacrifici. Se facciamo però qualche passo indietro rispetto al piccolo schermo e ci addentriamo nel mondo reale, vediamo che i fattori che incidono sul calo delle nascite sono molteplici, e tutti trasversali tra loro. Uno su tutti, la questione degli asili nido. Secondo una recente indagine del Centro Studi Enti Locali basata sui dati diffusi dal Ministero dell’Interno, ad oggi solo il 25,5% dei bambini tra 0 e 2 anni ha accesso agli asili nido. Ad aggravare il quadro, gli elevatissimi costi dei nidi privati, le cui rette raggiungono e superano anche i 500 euro mensili.

Uno scenario che però non è omogeneo: se ci sono alcune province come Nuoro e Ferrara che superano il 50% di copertura, molte aree del Mezzogiorno non raggiungono nemmeno il 10%. Dunque, ad essere più colpite sono quelle zone che già soffrono maggiormente le difficoltà lavorative, economiche e sociali, sprofondando ulteriormente in un immobilismo sociale e demografico da cui sembra ormai impossibile uscire. Parallelamente alla disponibilità e al costo dei servizi primari per l’infanzia, poi, la questione lavorativa. La scarsità di posti disponibili, infatti, influisce anche sull’occupazione femminile, con molte donne che si trovano costretta a rinunciare alla propria carriera o a ridurre significativamente le ore lavorative per potersi occupare dei figli. In particolare, secondo gli ultimi dati del report di Save The Children sulla maternità in Italia nel 2024, ben il 72,8% delle dimissioni dei neogenitori è al femminile. Idem con il lavoro part-time: sempre secondo l’associazione, il 36,7% delle mamme lavora a tempo parziale, contro il 4,6% dei padri. Perché se la figlia o il figlio non può essere inserita in un asilo nido – per una questione di posti e di costi – e non si hanno genitori vicini o non ci si può permettere una babysitter full time, ecco che qualcuno allora deve rinunciare.

Ma il problema non è nuovo. La crisi degli asili nido è iniziata ormai decenni fa a causa di scarsi investimenti pubblici, costi di gestione sempre più elevati e carenza di personale qualificato. Ma le grandi recessioni economiche che hanno investito gli anni Duemila hanno aggravato il quadro economico e sociale generale, acuendo anche la crisi degli asili. A conti fatti, dunque, per una giovane coppia – spesso condannata alla precarietà assoluta per l’instabilità economica e lavorativa – diventa difficile programmare la nascita di un figlio. Altroché egoismo.

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