16 Settembre 2025
/ 16.09.2025

Le politiche climatiche che piacciono (e non piacciono) agli europei

Mentre l’Europa era alle prese con le ondate di calore della scorsa estate, un sondaggio su scala continentale ha messo alla prova la disponibilità dei cittadini a sostenere diverse politiche contro la crisi climatica. Il risultato non sorprende: il consenso è alto quando si tratta di incentivi e sussidi, molto più basso quando si parla di tasse e divieti.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto europeo CAPABLE, ha raccolto le opinioni di oltre 19 mila persone in 13 Paesi, tra giugno e agosto 2024. I dati confluiscono in una piattaforma interattiva che consente di confrontare le posizioni tra Stati e gruppi sociali.

Il fascino dei sussidi

Il messaggio che arriva dagli intervistati è chiaro: se i governi vogliono spingere i cittadini verso comportamenti più sostenibili, è meglio premiare che punire. Il 70% degli europei si dice favorevole a un Fondo ferroviario europeo per rendere i treni più accessibili ed efficienti. Oltre la metà sostiene l’obbligo di isolamento termico delle abitazioni e il divieto dei jet privati. “Sono politiche con un elevato grado di accettabilità che possono rappresentare opportunità facilmente realizzabili per i decisori politici”, sottolinea Keith Smith, ricercatore dell’ETH di Zurigo che ha guidato lo studio.

All’estremo opposto, restano indigeste le misure fiscali: i balzelli su carne e voli, così come i divieti sulle auto a combustione, ottengono i punteggi più bassi. È la conferma di un orientamento già emerso in altri sondaggi: gli europei vedono di buon occhio gli investimenti pubblici a favore della transizione, ma faticano ad accettare tasse che colpiscono direttamente le abitudini quotidiane.

Nord, Sud, Est: opinioni a confronto

Il sostegno alle politiche climatiche non è uniforme. Nei Paesi mediterranei – Italia, Grecia, Francia – almeno cinque delle proposte ottengono consensi larghi. Più tiepidi, invece, gli Stati dell’Europa orientale come Polonia e Repubblica Ceca, dove l’appoggio è più limitato. Queste differenze riflettono sia le condizioni economiche sia le priorità politiche dei diversi governi.

Un altro dato trasversale emerge dall’analisi socio-demografica: donne, giovani e persone con un più alto livello di istruzione si dimostrano in media più aperti a tutte le misure climatiche. In altre parole, la disponibilità a cambiare stili di vita cresce con il livello di istruzione e con la sensibilità delle nuove generazioni.

Le implicazioni per Bruxelles

Per i ricercatori, la lezione è chiara: non esiste una ricetta unica per il consenso. “Questi risultati preliminari evidenziano un’importante eterogeneità nel sostegno alle politiche climatiche in Europa, ma anche un potenziale percorso per ottenere un ampio consenso su azioni efficaci”, spiega Johannes Emmerling, coordinatore del progetto CAPABLE.
In altre parole, per far avanzare il Green Deal non basta puntare su regole generali: servono misure mirate, differenziate per Paese e per fasce sociali, capaci di unire ambizione climatica e giustizia sociale.

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