21.04.2023
Nelle corse automobilistiche il binomio vettura-pilota è un elemento inscindibile e può generare trionfi storici o disfatte brucianti.
Nella storia della Formula Uno le accoppiate Lotus-Clark, Ferrari-Lauda, Mc Laren-Senna o Mercedes-Hamilton hanno reso famosi e vincenti costruttori e piloti a conferma di quanto entrambi gli elementi siano reciprocamente determinanti per raggiungere obiettivi prestigiosi. Giunto a soli 25 anni alla sua sesta stagione in Formula Uno, Charles Leclerc, pilota di punta della Ferrari, campione in Formula Tre e GP2, è alla ricerca della definitiva consacrazione, vale a dire il titolo di Campione del Mondo. Dopo tre anni di “apprendistato” in Team collegati alla Ferrari, la Haas e la Sauber, approdato a Maranello nel 2019, il monegasco ha subito mostrato grandi doti di velocità, specialmente in qualifica, e concretezza in gara; due vittorie e altri 6 podi gli valsero la quarta piazza nel mondiale, presagio di un successo iridato prossimo a essere conquistato.
Ma poi avarie tecniche, scarsa competitività della monoposto, qualche strategia di gara sbagliata, conditi con qualche suo errore di guida, hanno allontanato il sogno nel biennio ’20-’21. Solo nel 2022, con l’introduzione dei nuovi regolamenti tecnici, ottimamente interpretati dalla Ferrari tornata competitiva, Leclerc ha riassaporato il gusto della vittoria e ha conquistato il secondo posto nel Mondiale; ma è comunque mancato qualcosa, non a lui ma alla squadra, per raggiungere il titolo. E dopo l’incerto inizio della monoposto in questa stagione, questo sembra destinato ad allontanarsi ancora una volta. Come può un pilota, consapevole delle proprie doti, reagire a questi risultati altalenanti? Cosa può suggerire ai tecnici, come può migliorare sé stesso e le sue prestazioni e non perdere la fiducia nel Team? È un lavoro, anche introspettivo, non semplice.
Sono tanti gli elementi e gli stati d’animo che affollano le mente: il compagno di squadra più veloce in qualifica o che occupa la posizione precedente al traguardo, la consapevolezza di non poter esprimere le proprie capacità di guida perché la vettura non asseconda il pilota e manifesta problemi di guidabilità, le avarie tecniche. Sono tutti fattori che minano l’ego del pilota che, non potrebbe essere diversamente, ritiene di essere il più veloce in assoluto per capacità di guida; talvolta le reazioni alla mancanza di risultati diminuiscono l’efficacia e la velocità in gara, riducono le capacità di messa a punto e di lucidità nell’analisi dei problemi della monoposto e quindi delle indicazioni da fornire ai tecnici della squadra. Passare in pochi Gran Premi da campione in attesa solo di consacrazione a promessa non mantenuta è molto facile agli occhi di appassionati e talvolta anche di addetti ai lavori. Chi ha talento, e Leclerc ha ampiamente dimostrato di averne, non aspetta che poterlo mostrare e se questo non accade per ostacoli “esterni” a lui come scarsa competitività o affidabilità della vettura o errori di strategia, deve mettere in gioco altre doti come freddezza, concentrazione e pazienza. Ma tra le qualità di un pilota velocissimo e potenziale campione del mondo ci sarà anche la pazienza?
Credito fotografico:
Charles Leclerc (pilota ufficiale Scuderia Ferrari), GP d’Australia 2023-Venerdì, Ferrari