11.09.2024
“Piante e animali stanno scalando le montagne. E la stessa cosa avviene nei mari e negli oceani”. C’è chi si adatta, chi, come noi, nelle stagioni più calde “scappa” dal caldo. Ma anche chi, il caldo, lo sfrutta per ampliare il suo habitat. Quali conseguenze ecologiche e sanitarie?
In un mondo egoisticamente antropocentrico, ci interroghiamo su come ci adatteremo ai cambiamenti climatici, su cosa succederà alle nostre case e alle nostre strade di fronte a fenomeni metereologici sempre più estremi e sempre più violenti. Ma probabilmente, in senso etico, non ci siamo chiesti – o ce lo siamo chiesti troppo poco – che cosa succede agli animali. Sì, perché dall’insetto più piccolo al mammifero più grande anche loro vivono le conseguenze della crisi ambientale, crisi che non hanno di certo provocato loro.
In parte, come noi, cercano di adattarsi: le cicale, per esempio. Altri, invece, sfruttano a loro vantaggio il caldo ed espandono il loro areale: alcuni tipi di zecche – note per essere vettori di malattie anche gravi – stanno conquistando sempre più terreno, e rimangono, per così dire, in attività più a lungo. Ancora, il caso delle specie marine: alcune di esse, dal Mar Rosso arrivano fino al Mediterraneo, e, a differenza di un tempo, adesso trovano un ambiente favorevole per la loro diffusione. Un esempio, il pesce coniglio, una presenza fissa e indesiderata nella parte sudorientale del bacino. O ancora, il pesce scorpione, un abile predatore di pesci autoctoni che non ha rivali. Anche per gli uccelli migratori i tempi sono cambiati. Per loro natura, questi animali ogni anno tornano a nidificare nel luogo in cui sono nati, ed è fondamentale che lo facciano nel posto giusto e nel momento giusto. E con i tempi della primavera in Europa che si stanno anticipando, molte specie si vedono costrette a ridurre la durate delle soste durante il loro lungo viaggio (solitamente dall’Africa, dove si spostano durante l’inverno). E queste soste sono fondamentali: servono per riposarsi e ricaricarsi prima di continuare il viaggio. Ma, nonostante queste riduzioni, spesso arrivano comunque troppo tardi. Per arrivare in tempo dovrebbero invece quasi dimezzare la durata delle soste, ma questo è praticamente impossibile per i piccoli volatili che volano per 15mila chilometri per tornare a casa.
Ma ci sono anche dei casi in cui le specie periscono di fronte ai cambiamenti climatici. Per esempio, le renne, la cui popolazione, nel corso degli ultimi due decenni, si è praticamente dimezzata: da 4,7 milioni di esemplari a 2,1. «Piante e animali stanno scalando le montagne. E la stessa cosa avviene nei mari e negli oceani» spiega la naturalista Francesca Buoninconti. E ancora: «In quest’ottica, è evidente che le specie di alta quota o di climi glaciali sono certamente più a rischio su una Terra sempre più calda. Di fatto, stiamo assistendo a una perdita di biodiversità molto veloce, la cosiddetta sesta estinzione di massa». Insomma, c’è chi si adatta, chi cerca rifugio in aree più fresche e chi invece il caldo eccessivo lo sfrutta per ampliare il proprio habitat (e non senza conseguenze sia sanitarie che ecologiche). E chi, invece, purtroppo non ce la fa. La differenza con l’uomo? Che loro non avrebbero mai distrutto il mondo in cui vivono.