06.02.2024
Scienza e tecnologia, Sicurezza
L’intelligenza artificiale mette in discussione l’autenticità delle impronte digitali umane
![](https://ultimabozza.it/wp-content/uploads/2024/02/Impronte-Digitali.jpg)
Secondo l’Interpol non esistono due persone che abbiano le impronte digitali identiche. Ma l’Intelligenza artificiale trova alcune lacune in questa tesi. Lo confermano i programmatori della Columbia University sperimentando un modello di “deep learning” all’ultimo grido su 60 mila esemplari.
Esiste una specifica caratteristica del nostro corpo che per antonomasia è unica e inimitabile: le impronte digitali. Lo dimostra il fatto che sono state a lungo utilizzate per l’identificazione delle persone, in particolare di chi è sospettato di un crimine, con tutta una letteratura che nel tempo si è sviluppata sulla loro scoperta e il loro utilizzo. E se invece la verità fosse in parte diversa? Proprio questo è ciò che ha recentemente scoperto un team di ingegneri della Columbia University, grazie all’ausilio di un sistema di intelligenza artificiale.
Per affrontare l’argomento è inevitabile partire da un presupposto: anche in assenza di intelligenza artificiale, ma con metodi più tradizionali, l’uomo da solo ben poche informazioni può ricavare da un’impronta digitale. Per associarla a un soggetto piuttosto che un altro, infatti, occorre comunque un database: a occhio nudo è praticamente impossibile anche al più provetto criminologo identificare una specifica persona da una singola impronta. La questione nasce, però, dal fatto che scienza e tecnica si sono nel frattempo evolute, facendo scoprire qualcosa di nuovo.
I programmatori della Columbia University hanno deciso di mettere in pasto ben 60 mila impronte digitali a un modello di deep learning all’ultimo grido. Si tratta di uno strumento in grado di associare l’impronta al soggetto a cui appartiene con un livello di accuratezza del 75-90%. E questo avviene, a differenza del passato, senza l’utilizzo di dati biometrici. Ma non è questa la novità più destabilizzante.
La vera sorpresa deriva dal fatto che l’intelligenza artificiale sia stata in grado di riconoscere le persone dalle impronte digitali, ma con parametri completamente nuovi e per certi versi sconosciuti. E, soprattutto, che ci sono alcune caratteristiche (come l’orientamento delle creste al centro del dito) che rendono alcune impronte decisamente simili tra loro. Anche se appartengono a due diverse persone. La vera missione è quindi scoprire ora, cosa realmente permetta una nostra identificazione o – al contrario – fornisca a medicina, criminologia e scienza forense la certezza che quello specifico dito… non è il nostro.
La questione è delicata, tanto che il professor Graham Williams ha deciso di parlarne nientemeno che alla BBC: «Per quanto ne sappiamo, al momento non è mai successo che due diverse persone avessero le stesse impronte digitali. I recenti studi ci dicono però che non possiamo più essere completamente certi che le impronte digitali siano davvero uniche».
Quest’ultimo aspetto contraddice tutto ciò che si è sempre sostenuto a proposito delle impronte digitali. Si pensi che addirittura l’Interpol spiega sul proprio sito ufficiale che non esistono due persone che le abbiano identiche: non succede nemmeno per i gemelli omozigoti. Un ulteriore motivo per andare ancora più a fondo nella ricerca, estendendola oltre le 60 mila immagini già analizzate. Verificando così, senza più dubbi, se davvero le nostre dita raccontano molti meno segreti di quanto abbiamo sempre sospettato.