31 Gennaio 2025
Milano, 5°

Società, Turismo

L’invasione di Roccaraso e le alternative all’overtourism

Il turismo solo visivo desertifica le città, un altro turismo è possibile. E all’Italia conviene

Dodicimila persone ammassate con sci e snowboard in 220 pullman per espugnare Roccaraso sono molte o poche? Molte verrebbe da dire. Poche, sostiene Rita De Crescenzo, la tiktoker napoletana che ha agevolato l’impresa: “Domenica prossima saremo il doppio”. Dopo aver constatato che i 12 mila, aggiunti al normale flusso di stagione, sono stati sufficienti a mandare in tilt i servizi ristorativi e sanitari di un paese che di abitanti ne ha appena 1.500, il prefetto dell’Aquila ha però ordinato posti di blocco attorno ai campi di sci contesi: in questo fine settimana soltanto cento bus potranno arrivare a Roccaraso.

Si può sorridere di questa vicenda (a patto di non essere stati tra gli intrappolati nel traffico o sulle piste), ma il problema dell’overtourism va al di là delle caricature. Nel centro storico di Venezia gli abitanti sono scesi sotto i 50 mila, cioè poco più di un terzo della popolazione ai tempi di Goldoni, quando in tutta l’Italia si contavano appena 15 milioni di persone; mentre i pernottamenti di turisti sono saliti a 12,6 milioni nel 2023. Ma Venezia, si sa, ormai è in larga parte una quinta teatrale. D’accordo, ma il centro di Firenze? Dobbiamo considerare perso pure quello?

La fuga dai centri storici
Poi c’è Roma, che è abbastanza grande per diluire il problema ma non cambiarlo: lo spopolamento del centro storico (ha perso due terzi degli abitanti in 30 anni) è impressionante anche se reso invisibile dalle masse di turisti che lo occultano. E l’assalto si espande a Napoli, a Bologna e ad altri centri storici innescando sempre lo stesso meccanismo: maggiore richiesta di pernottamenti, prezzi delle case che salgono espellendo abitanti e studenti, osterie fotocopia che cacciano quelle autentiche, monocolture di pub che sostituiscono la diversità commerciale.

Il cambiamento, in atto da tempo, è diventato così rapido e brutale da provocare reazioni crescenti. La rivolta più clamorosa è stata quella di Barcellona, con i turisti bersagliati da pistole ad acqua e lo stop ad Airbnb annunciato a partire dal 2029. Poi la protesta si è estesa a molti Paesi, dalla Grecia alla Germania, perché i costi degli affitti sono stati spinti in alto dalla concorrenza dei turisti. Anche in Italia i luoghi a numero chiuso crescono (da Venezia a Fontana di Trevi) e le operazioni contro le keybox, i lucchettoni usati dai B&b, si moltiplicano.

Ma non si può neppure vedere il turismo come un nemico. Semmai il contrario. I viaggi stimolano la curiosità, facilitano la conoscenza, accorciano le distanze culturali. E danno una mano al Pil. Con il settore della manifattura in decrescita da due anni, senza la spinta del turismo l’Italia se la passerebbe sicuramente peggio. E se è vero che il turismo non può essere l’unica soluzione ai problemi del Paese è anche vero che il suo ruolo è destinato a rafforzarsi. Il punto è come.

La ricetta dei Musei Vaticani
Il tema è sempre quello del limite, che non va pensato come rigido ma relativo al modo di affrontarlo. Lo spiega bene Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, in un’intervista a Repubblica. I Musei Vaticani rappresentano un microcosmo che contiene gli stessi problemi di overtourism evidenti su scala nazionale: numero di visitatori sempre più alto, congestione, caos nelle file. Dunque la cura suggerita per i Musei Vaticani può essere interpretata con una valenza più ampia: “Il nostro è percorso lungo sette chilometri, quindi la prima cosa è proporre un tracciato diverso da ‘ingresso, gallerie superiori, Raffaello, Cappella Sistina, uscita’. Non siamo contro i tour operator che lo propongono, ma il nostro compito è suggerire altre esperienze di visita”.

Queste parole valgono anche per la cosiddetta Italia “minore”, cioè per l’Italia dei borghi di grande bellezza e scarsa fama. Valgono all’interno di città come Roma per percorsi in grado di far emergere angoli di storia e di bellezza fuori dai riflettori del circuito della “Roma in 48 ore”. Valgono per il passaggio da un turismo solo visivo a un turismo “immersivo”, capace di mettere il visitatore in contatto con la storia del luogo.

Infine l’invito a uscire da una ripetitività che rischia di rendere sfocata anche la bellezza dei capolavori vale anche sul piano ambientale. Il turismo che punta ad accaparrare immagini senza contenuto lo fa a spese dell’ambiente, sacrificando l’approfondimento alla voracità degli spostamenti. Un altro turismo è possibile. E l’Italia, che ha un enorme serbatoio di bellezza poco conosciuta, ha tutto l’interesse a farlo crescere.

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