Dicembre 2025 sta mettendo alla prova il calendario. In molte zone d’Italia le temperature sono rimaste stabilmente sopra la media stagionale, con giornate miti, cieli sereni e un clima che ricorda più marzo che il cuore dell’inverno. Al Sud e sulle isole non sono mancate punte vicine ai 20 gradi, mentre anche al Centro il freddo è rimasto confinato a poche ore notturne.
A dominare la scena è un anticiclone persistente, che blocca l’arrivo delle perturbazioni atlantiche e tiene lontane le correnti fredde. Il risultato è un inverno “sospeso”: poca neve in montagna, piogge scarse e una sensazione diffusa di anomalia climatica che ormai non sorprende più, ma continua a preoccupare.
Caldo anomalo, piogge assenti
Il problema non è solo il termometro. L’aspetto più critico è la mancanza di precipitazioni, soprattutto in alcune regioni già fragili dal punto di vista idrico. Senza piogge e senza neve, le riserve d’acqua non si ricaricano e i fiumi entrano nella stagione invernale con portate ridotte.
In pianura, la situazione stagnante peggiora anche la qualità dell’aria, mentre in montagna la scarsità di neve compromette l’accumulo idrico che dovrebbe alimentare fiumi e bacini nei mesi successivi. È un effetto domino che si manifesta lentamente, ma in modo sempre più evidente.
Il caso Sardegna: il lago Omodeo si ritira
In Sardegna l’emergenza è già realtà. Il lago Omodeo, il più grande bacino artificiale dell’isola e uno dei principali serbatoi idrici italiani, sta vivendo una fase di forte riduzione dei livelli. Le sponde arretrano, vaste porzioni del fondale restano scoperte e la quantità d’acqua disponibile continua a diminuire.
Il bacino è un nodo strategico per l’approvvigionamento idrico, l’agricoltura e la produzione di energia. Il suo progressivo svuotamento è il segnale più visibile di una crisi che dura da tempo, aggravata da estati sempre più calde e da inverni incapaci di ricaricare le riserve.
Non solo emergenza, ma un segnale strutturale
Quello che accade al lago Omodeo è il riflesso di un Mediterraneo che si sta scaldando più velocemente della media globale, con stagioni sempre meno riconoscibili e una crescente alternanza tra siccità prolungate ed eventi estremi.Il caldo di dicembre, in questo senso, è solo l’ultima tessera di un mosaico più ampio: meno pioggia quando serve, più stress per gli ecosistemi e una gestione dell’acqua che diventa ogni anno più complessa.
L’Italia che vive un dicembre quasi primaverile potrebbe anche apprezzare il tepore momentaneo, ma il prezzo si paga altrove: nei campi assetati, nei bacini che si svuotano, nelle riserve idriche che non si ricostituiscono. La crisi del lago Omodeo è un promemoria concreto: il cambiamento climatico è una realtà che influisce sui rubinetti, sui raccolti e sulle scelte quotidiane.
