19 Giugno 2025
/ 19.06.2025

L’Italia che rischia di andare sott’acqua

Enea partecipa al primo servizio climatico ambientale europeo. Mappe continuamente aggiornate misurano il rischio di risalita del mare provocato dalla crisi climatica

Al via il primo servizio climatico paneuropeo che rende disponibili mappe ad alta definizione e dati geofisici in tempo reale con particolare riferimento alle aree costiere più esposte al rischio di inondazione. Il servizio è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo CoCliCo (Coastal Climate Core Service), al quale partecipa anche Enea.

“Con un livello del mare destinato ad aumentare di almeno 40 cm al 2100, questo strumento ci consentirà di elaborare scenari per enti pubblici e gestori di infrastrutture critiche (porti, reti stradali e ferrovie), in modo da sviluppare strategie di adattamento ai cambiamenti climatici con relativa pianificazione territoriale per la salvaguardia della popolazione e dei servizi essenziali”, spiega il referente italiano del progetto Gianmaria Sannino, responsabile della Divisione Enea Modelli, osservazioni e scenari per il cambiamento climatico e la qualità dell’aria.

Nell’ambito del progetto, Enea fornisce al servizio climatico mappe di inondazione da risalita del livello del mare per tutta l’area del Mediterraneo e del Mar Nero, elaborate grazie a un innovativo modello a scala mediterranea per proiezioni climatiche ad altissima risoluzione, fino a 70 metri negli stretti di Gibilterra e dei Dardanelli.

“Questo strumento è in grado anche di simulare nel modo più realistico possibile lo scambio d’acqua e di calore tra Oceano Atlantico e Mediterraneo e tra Mar Nero e Mediterraneo e di rappresentare in modo efficace anche le maree e la loro interazione con le correnti marine”, aggiunge Sannino.

Il nuovo servizio climatico è stato testato con successo in diversi contesti europei, ma per diventare completamente operativo saranno necessari ulteriori sviluppi tecnologici e, soprattutto, risorse finanziarie come sottolinea l’ultimo policy brief del progetto, dove vengono presentate ai decisori politici le possibili soluzioni e raccomandazioni. Tra queste, ad esempio, l’integrazione del servizio climatico CoCliCo nel programma Ue Copernicus e nel progetto Gemello Digitale dell’Oceano.

“Quest’ultimo progetto utilizza dati osservativi, modelli numerici e tecnologie di intelligenza per conoscere meglio l’impatto del cambiamento climatico nei mari, considerato che gli oceani assorbono circa il 90% del calore totale in eccesso generato dal cambiamento climatico di origine antropica”, prosegue Sannino. “Nel report lanciamo un messaggio chiaro: le zone costiere sono sotto pressione a causa dei cambiamenti climatici. Per salvaguardare l’integrità del territorio e garantire opportunità di crescita economica e di benessere servono strategie di adattamento trasformativo, ossia risposte profonde e strutturali agli impatti dei cambiamenti climatici. A differenza dell’adattamento convenzionale, che si limita ad apportare modifiche graduali per ridurre i rischi, l’adattamento trasformativo punta a ripensare radicalmente i sistemi sociali, economici e ambientali, per renderli più resilienti e sostenibili nel lungo periodo. Ad esempio, nelle aree costiere soggette all’innalzamento del livello del mare, costruire dighe o barriere può non bastare: in certi casi, potrebbe diventare inevitabile ricollocare intere comunità”.

Il documento sottolinea inoltre che le “zone costiere richiedono trasformazioni profonde” perché hanno quasi raggiunto un “punto critico” a causa della pressione antropica (urbanizzazione, turismo e sfruttamento delle risorse) e dei cambiamenti climatici, con inondazioni sempre più frequenti. Senza nuove misure in campo, entro il 2050 oltre 1 milione di persone potrebbe essere esposto a fenomeni estremi di inondazione (nel 2010 il numero si è attestato tra 600mila e 1 milione di abitanti).

Allarme ozono

Intanto, appena a metà giugno, l’Europa è già piena estate, almeno per l’ozono troposferico. Il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) ha lanciato l’allarme: le concentrazioni di questo inquinante, tra i più pericolosi per la salute umana e per gli ecosistemi, sono aumentate rapidamente, raggiungendo livelli preoccupanti ben prima del previsto. A partire dal 9 giugno, i modelli previsionali del servizio europeo hanno indicato una crescita anomala dei livelli di ozono nel bacino del Mediterraneo e in quasi tutti i Paesi dell’Europa continentale, con l’eccezione dei Paesi scandinavi.

È la prima ondata di ozono dell’anno, e già sfonda i limiti fissati dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria (UE/2024/2881), che stabilisce un valore obiettivo di 120 µg/m³ su otto ore, da non superare più di 18 volte in un anno, e una soglia di informazione di 180 µg/m³ in un’ora. Limiti che, in molti casi, sono stati superati.

“L’aumento delle temperature è uno dei principali fattori che spiegano questa impennata,” ha spiegato Laurence Rouil, direttrice del Cams. “L’ozono si forma da reazioni fotochimiche che trasformano inquinanti come ossidi di azoto e composti organici volatili in presenza di luce solare. A tutto questo si aggiunge il trasporto a lungo raggio di masse d’aria già inquinate”. In sintesi: caldo precoce, emissioni persistenti e trasporto atmosferico hanno creato il mix perfetto per una tempesta di ozono.

Temperature da record: l’Europa corre verso i +2°C

A rendere il quadro ancora più allarmante, arrivano i dati dell’Agenzia europea per l’Ambiente (Aea): l’ultimo decennio, tra il 2015 e il 2024, è stato il più caldo mai registrato. La temperatura media globale è aumentata tra +1,24 e +1,28°C rispetto all’epoca preindustriale, ma in Europa il riscaldamento è ancora più rapido: tra +2,19 e +2,26°C. Un’accelerazione che ci avvicina pericolosamente alla soglia critica dei +2°C, quella che gli accordi internazionali si erano impegnati a non superare.

“Se non si interviene con una drastica riduzione delle emissioni globali di gas serra,” avverte l’Aea, “è probabile che il limite dei 2°C venga superato prima del 2050”. Un avvertimento che suona come una condanna se il trend attuale non verrà invertito, mettendo a rischio salute, biodiversità e stabilità climatica.

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