16 Maggio 2024
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Cronaca

L’Italia colpevole delle alluvioni

06.11.2023

Bollettino di criticità del giorno 5 novembre 2023, annunciato dalla Protezione Civile.

È nostra cultura cercare colpevoli ogni qualvolta accadono calamità naturali nel nostro Paese. Meglio cercare le ragioni tecniche di tali accadimenti per comprenderle e prevenire, una volta per tutte, ulteriori disastri.

Segnali inequivocabili arrivano dalla natura, su come segua il suo corso mentre ritualmente si continua a puntare l’indice vessatorio su chi governa, Paese e Regioni, per cercare i responsabili di ogni alluvione. Da cercare è la ragione di tali accadimenti, per capire, una volta per tutte, cosa fare e dove intervenire.

Non basta certo una legislatura, occorre un programma pluriennale di opere idrauliche, servono soldi. Corsi d’acqua insignificanti, ristagnanti o asciutti, compressi per canalizzarne il deflusso, in un lampo tracimano e allagano, irrompendo negli abitati. Fiumi nel cui alveo c’è di tutto, all’aumento improvviso della portata trascinano a valle masse inerti che erodono gli argini, minano i ponti, si gonfiano attraversando intere città. Un film visto e rivisto che si ripropone, neppure più troppo a sorpresa. I mutamenti climatici, con fenomeni temporaleschi ciclonici sono evidenti, spesso annunciati. Incolparsi gli uni gli altri non porterà benefici alla comunità, occorre dire con onestà come stanno le cose.

Firenze ha vissuto l’alluvione del 1966, era il 4 novembre; Sarno, la terribile colata di fango, era il maggio 1998; l’Emilia Romagna, una inondazione senza precedenti, di distruzione e morte. Il ricorso a vasche di laminazione, per contenere ondate di piena di rogge, fiumi e canali, e una regolare attività di regimazione fluviale, sono essenziali strumenti di difesa, lungo tutto il Paese. Ecco a cosa servono piani e fondi pluriennali. Se si è convinti di perseguire la politica della decarbonizzazione entro il 2050, deve essere altrettanto possibile mettere in sicurezza l’Italia dal punto di vista idraulico e idrogeologico. Si tratta di convertire in investimenti quegli stanziamenti urgenti che puntualmente si destinano a disastri avvenuti.

Che prevenire sia meglio che curare lo dimostra Venezia, finalmente salvata dalle maree, grazie alla barriera del Mose: sollevarla costa ogni volta oltre 200mila euro. Ma serve. Eccome.

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