31 Gennaio 2025
Milano, 5°

Ambiente

L’Italia ha perso tre zone umide su 4, salviamo l’ultima

31.01.2025

L’allarme nel rapporto “Ecosistemi Acquatici 2025” di Legambiente

La crisi climatica incombe sulle zone umide e sugli ecosistemi acquatici, gioielli di biodiversità e preziosi alleati naturali contro eventi meteorologici estremi. L’innalzamento del livello del Mediterraneo rischia di cancellare intere porzioni di costa che ospitano zone umide cruciali, come il Delta del Po, la Laguna di Venezia e le Lagune di Grado-Marano e Panzano. Il Golfo di Cagliari, la fascia costiera tra Manfredonia e Margherita di Savoia e molte altre aree vedono minacciata la loro esistenza dalla crescente intrusione del mare. Allo stesso tempo, lunghi periodi di siccità stanno mettendo in ginocchio vaste regioni italiane, colpendo il sud, la Pianura Padana e zone chiave di Toscana, Umbria e Marche.

Scrigni di cristallo
L’Italia, custode di 57 zone umide di importanza internazionale, ha già perso il 75% di questi habitat negli ultimi tre secoli, secondo una ricerca pubblicata su Nature. A livello globale, l’Ipbes (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) stima che l’85% delle zone umide sia in pericolo di estinzione, con gravi ripercussioni sulla fauna d’acqua dolce: oltre 4.000 specie tra crostacei, pesci e insetti rischiano di scomparire.

Legambiente, con il rapporto “Ecosistemi Acquatici 2025”, lancia l’allarme e individua le aree più fragili, ribattezzate “scrigni di cristallo”. Tra queste, il Delta del Po, che nel 2022 ha registrato il peggior periodo di siccità della sua storia, minacciato anche dalla risalita del cuneo salino che sta contaminando le falde acquifere. Il Lago Trasimeno, che nell’estate 2024 ha visto un crollo del 40% della piovosità, riducendo i livelli idrici ben al di sotto della media. Il Lago di San Giuliano, in Basilicata, che ha perso tra il 60% e il 70% del suo volume, mentre in Sicilia Il Lago di Pergusa, in Sicilia, si è prosciugato completamente, privando migliaia di uccelli migratori di un rifugio vitale.

Colpevoli ritardi
Legambiente denuncia i ritardi del governo nell’applicazione della Strategia dell’Ue sulla Biodiversità 2030 e della Nature Restoration Law. Chiede misure urgenti, a partire dalla tutela del 30% degli ecosistemi acquatici entro il 2030, accelerando la creazione di nuovi parchi e riserve fluviali. Inoltre, sottolinea la necessità di un’integrazione tra le aree protette e la rete Natura 2000, affidando la gestione dei siti fluviali ai parchi già esistenti. Infine, propone di ripristinare almeno il 20% degli ecosistemi degradati attraverso soluzioni basate sui meccanismi naturali.

Alla luce dei fallimenti delle conferenze internazionali sul clima e sulla biodiversità, Legambiente esorta il governo italiano a non perdere l’occasione offerta dalla Cop 16 di Roma (febbraio 2025) per raggiungere un accordo concreto sul finanziamento della protezione della natura nei Paesi poveri e sulla mobilitazione di risorse per la biodiversità.

“Le zone umide non sono solo serbatoi di biodiversità, ma veri e propri baluardi contro il cambiamento climatico”, afferma Stefano Raimondi, responsabile biodiversità di Legambiente. “Oltre a immagazzinare carbonio, assorbono le precipitazioni e riducono il rischio di siccità e alluvioni. Il governo deve recuperare i ritardi e rispettare la Nature Restoration Law”.

Per sensibilizzare il pubblico, dal 1° al 9 febbraio 2025 Legambiente organizzerà oltre 70 eventi in 17 regioni italiane, tra escursioni, birdwatching e incontri divulgativi. Tra le iniziative la passeggiata nella Riserva Pian di Spagna in Lombardia, l’escursione nel Parco nazionale del Circeo nel Lazio e le visite guidate alla Laguna di Santa Gilla in Sardegna.

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