03.08.2023
Scienza e tecnologia, Sicurezza
Lo Smartphone a scuola è fonte di squilibri emotivi, interviene l’Unesco
Riduzione del rendimento scolastico, impatto negativo sull’apprendimento, squilibri emotivi, lo è soprattutto per i minori. È quanto emerge dal report globale dell’Unesco di quest’anno; la Francia aveva già vietato lo smartphone in classe dal 2018.
Lo smartphone, nel corso degli anni, si è trasformato da mera fonte di distrazione in classe a potenziale strumento educativo a tutto tondo. Sono infatti sempre più frequenti applicazioni che integrano e in certi casi addirittura potenziano l’insegnamento di professori e libri. Il lungo periodo in cui a scuola il telefonino era solo qualcosa da sequestrare a chi lo utilizzasse come svago durante spiegazioni e interrogazioni, o anche per provare a copiare durante le verifiche, sembra quindi lontano. Ma fino a un certo punto.
L’Unesco ha infatti messo a punto un rapporto secondo cui il divieto di utilizzo degli smartphone a scuola darebbe un importante contributo non solo a migliorare l’apprendimento e a ridurre la distrazione in classe, ma anche nel contrasto di quella silenziosa quanto crudele piaga per studenti e studentesse dei nostri tempi che è rappresentata da bullismo e cyberbullismo.
Lo studio dell’Unesco, intitolato “Global education monitor report 2023”, si fonda sull’analisi di 200 sistemi educativi adottati in ogni angolo del Pianeta. Ciò che è emerso è che l’utilizzo eccessivo dello smartphone provoca una riduzione del rendimento scolastico e un generale impatto negativo sull’apprendimento. In più può generare squilibri emotivi in chi frequenta la scuola, specialmente se si tratta di minori. Si aggiunge anche che le ricerche a sostegno delle tecnologie digitali come valore aggiunto all’istruzione, spesso, nascono da finanziamenti di aziende educative private. E quindi possono avere lo scopo finale di vendere prodotti ad hoc.
Quest’ultima situazione presenta due ulteriori problematiche: da un lato tali ricerche hanno maggiormente a cuore il profitto rispetto all’efficacia dei sistemi educativi (inclusa la dimensione sociale, sacrificata a fronte dell’individualizzazione), dall’altro si tende a privilegiare un sistema che aumenta diseguaglianza sociale e gap educativo. L’applicazione di tecnologie digitali alla scuola, del resto, ha un suo costo che non è certo sostenibile da tutti gli studenti allo stesso modo. Al netto dell’esclusione da questi servizi di miliardi di persone nei Paesi del mondo a basso reddito, è infatti possibile che all’interno degli stessi istituti o addirittura delle stesse classi si creino discrepanze. Con possibili effetti nocivi a livello anche sociale.
Si citano pertanto alcuni esempi mondiali, ritenuti virtuosi. L’Unesco ricorda che la Francia ha vietato lo smartphone in classe già dal 2018, iniziativa che i Paesi Bassi adotteranno dal 2024. In Cina, invece, gli strumenti digitali per legge non possono superare il 30% di tempo dell’insegnamento.
Si precisa infine che il divieto riguarda solo lo strumento smartphone, e assolutamente non la tecnologia nell’educazione. Quest’ultima resta infatti fondamentale, purché non si tramuti in uno strumento di speculazione e una fonte di diseguaglianza.
«La connessione online non può sostituire l’interazione umana. La rivoluzione digitale ha un incommensurabile potenziale, ma va regolamentata a favore e non a discapito degli studenti», ha spiegato a The Guardian la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay.